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Fidel Castro nei giorni luminosi e tristi della Crisi dell'Ottobre

Data: 

13/08/2006

Fonte: 

Rivista Verde Olivo

Autore: 

"Poche volte è brillato più alto uno statista che in questi giorni...”
Ernesto Che Guevara. Lettera di saluto  

Era l’alba del lunedì 22 ottobre 1962, il personale di guardia delle Direzioni delle Operazioni e Informazione dello Stato Maggiore (EMG) delle Forze Armate Rivoluzionarie, iniziarono a percorrere gli uffici svegliando i compagni che fino alle ore piccole della notte avevano lavorato, pochissimi erano potuti andare alle loro case. La nuova settimana preannunciava essere molto intensa, perché con i primi raggi del sole del giorno cominciarono a ricevere notizie ogni volta più allarmanti dagli Stati Uniti.  

Il giorno precedente, finendo il pomeriggio, un telefonema codificato dell'Esercito d’Oriente, mise tutti in guardia, perché rendeva conto del rinforzo con truppe ed equipaggiamenti militari della Base navale di Guantanamo. Questa informazione includeva la notizia, ottenuta da un canale di fiducia, che il comando dell'enclave aveva ordinato la partenza immediata dei civili e dei parenti dei militari prominenti. Fin dalla metà del mese il comandante in capo Fidel Castro aveva indicato al comandante Sergio del Valle, Capo dello Stato Maggiore Generale, di mantenere un monitoraggio continuo davanti all'aumento di azioni militari delle forze armate statunitensi nei Caraibi.

Al mezzogiorno del 22, si seppe che il Segretario stampa della Casa Bianca, richiese uno spazio alla fine del pomeriggio nelle principali catene di radio e televisione degli Stati Uniti per una allocuzione del presidente Kennedy a tutto il paese. Da quel momento i mass media cominciarono a segnalare una serie d’incontri che avevano luogo nel complesso presidenziale.

Il Comandante in Capo apprezzò queste informazioni e arrivò alla conclusione che questi viavai alla Casa Bianca erano correlati alla scoperta dei missili sovietici nel paese. Anche se non si poteva prevedere con precisione il tipo di aggressione che intraprenderebbero e il luogo dove sarebbe avvenuta, aveva la certezza che ciò potrebbe avvenire e, di conseguenza, decise e ordinò alle forze armate alle ore 15:50, il passo alla fase di allerta di combattimento e un po’ più tardi, alle 17:35, decretò la fase di allarme di combattimento per tutto il paese.  Fidel aveva messo in pratica una massima, che ha sempre avuto in considerazione tutta la sua vita, non lasciarsi sorprendere dal nemico, giacché come spiegò giorni più tardi ai capi militari cubani riuniti con lui, che “… erano preferibili le conseguenze di fare uno sforzo inutile, alle conseguenze di essere sorpresi dal nemico.”

Durante quel pomeriggio, il Comandante in Capo si era riunito con il Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie, comandante Raúl Castro, e con il comandate Ernesto Che Guevara, ai quali diede l’ordine di partire subito; il primo, a Santiago de Cuba per prendere il comando dell'Esercito di Oriente,  indicandogli di fare il viaggio per strada e passando per Santa Clara, si intervistasse con il Comandante Juan Almeida, Capo dell'Esercito del Centro, per spiegare la situazione che determinò la mobilitazione generale del paese e le misure da prendere. Al secondo, che doveva spostarsi a Pinar del Río e assumere il Comando del Corpo d'Armata di quella provincia. Erano presenti anche i comandanti Guillermo García Frías, capo dell'Esercito di Occidente e Sergio del Valle. Le istruzioni di Fidel furono chiare e precise: prendere misure urgenti per salvaguardare la popolazione, i soldati e i principali obiettivi militari, economici e politici dai possibili attacchi aerei nemici.  Di prodursi l’intervento militare diretto degli Stati Uniti, combattere senza sosta l'invasore e creare condizioni nelle regioni montuose del paese per lo sviluppo della lotta di guerriglie, se il nemico riusciva a occupare alcune di queste regioni.   

I fatti hanno dato ragione a Fidel. Quasi un'ora e mezza dopo che aver decretato “l'allarme di combattimento”, il presidente Kennedy annunciò, con tono recriminatorio e laconico che i sovietici di maniera improvvisa e clandestina, stavano installando basi di missili offensive a Cuba, il cui obiettivo affermò: “(...) non può essere altro che montare una forza di attacco nucleare contro l'emisfero occidentale”, il che “(...) costituisce una chiara minaccia per la pace e la sicurezza di tutti gli americani...”. Poi affermò: “Quest’azione contraddice anche le ripetute assicurazioni date, pubblica e privatamente, dai portavoce sovietici, che gli armamenti installati a Cuba conserverebbero il loro primitivo carattere difensivo e che l'Unione Sovietica non aveva alcun bisogno né il desiderio di mettere missili strategici sul territorio di nessun’altra nazione”.

Con quelle parole, meticolosamente preparate per influenzare e giustificare psicologicamente, davanti all'opinione pubblica statunitense e di tutto il mondo, le illegali misure militari del blocco navale a Cuba che il presidente Kennedy aveva ordinato alle sue forze armate, che avrebbero portato alla più grave crisi avvenuta nella seconda metà del secolo scorso, perché mai l'umanità era stata così vicina alla guerra nucleare.

Cuba non è stata sorpresa  

La possibilità di un’aggressione militare diretta degli Stati Uniti non fu una sorpresa per Cuba. La massima direzione politica-militare del paese, guidata dal Comandante in Capo, apprezzò giustamente che l'imperialismo, dopo la schiacciante sconfitta subita a Playa Girón, non aveva altra scelta nel campo militare per rovesciare la rivoluzione che l'uso delle loro forze armate in un intervento diretto e che farebbe tutto il possibile per preparare le condizioni e giustificare il medesimo.  

Come risultato di questa conclusione si prese le misure per garantire la sicurezza nazionale e aumentare la capacità difensiva del paese. Le Forze Armate Rivoluzionarie, senza perdere lo spirito guerriero della sua origine, sperimentarono cambiamenti sostanziali nella sua struttura e nella composizione organica. Dal secondo trimestre del 1961 si crearono tre eserciti - Centro, Oriente e Occidente -, che si occuparono della difesa dell’arcipelago nazionale nelle loro tre direzioni strategiche principali. Inoltre si svilupparono e modernizzarono le truppe corazzate, d’artiglieria di campagna, di difesa antiaerea, dell’aeronautica e della Marina, nonché di diverse unità militari speciali.

Il Ministero delle Forze Armate, come organizzazione militare centrale dello stato e lo Stato Maggiore Generale sono stati perfezionati secondo la crescita, lo sviluppo e la complessità delle missioni assegnate per la difesa del paese. Alla fine del 1961, avevano, principalmente, una struttura corrispondente all'attività di direzione e di comando che garantivano la concentrazione del lavoro operativo e di mobilizzazione, come pure la direzione effettiva della preparazione combattiva e politica delle truppe.

Come parte del miglioramento e l'elevazione della capacità difensiva del paese, il 6 giugno 1961, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Comandante in Capo, approvò una legge in base alla quale disattivò il Ministero di Governo e creò il Ministero dell’Interno.  

Tutte queste trasformazioni richiesero grandi sforzi umani ed elevate risorse economiche. Essi furono possibili grazie alla massiccia e determinata incorporazione del popolo ai compiti della difesa del paese. Migliaia di giovani lavoratori, contadini e studenti risposero alla chiamata della Rivoluzione e di Fidel per l’incorporazione volontaria al servizio attivo nelle nuove unità militari che sono create durante il 1961 e il 1962. Fu anche decisivo Il sostegno solidale del campo socialista, specialmente dell'Unione Sovietica, che fornì l’armamento necessario, con facilità di pagamento e crediti.

Particolare attenzione diede il Comandante in capo alla preparazione combattiva, politica e culturale dei capi e delle truppe. Il 26 settembre 1961, alla cerimonia di laurea del primo corso di capi plotoni, Fidel disse: “... adesso i nostri armamenti sono più complessi,  le nostre unità sono più grandi, e perciò dobbiamo imparare a comandare unità ogni volta più grandi e comandare centinaia di uomini, e a volte migliaia di uomini. Ecco perché dobbiamo imparare ad usare l'artiglieria, a utilizzare l'aviazione, a utilizzare i carri armati, a combinare l'uso delle armi di fanteria con le armi di supporto. Ecco perché dobbiamo studiare, poiché l'utilizzo di queste armi è più complesso, l'uso di queste armi richiede più preparazione e richiede un perfetto coordinamento tra tutte queste armi e la fanteria”.

Il 1 dicembre 1961, fu emessa l’Ordine n. UNO del Comandante in Capo per l'anno d’istruzione 1962, dove precisava come compito principale di tutte le truppe e armi, l'elevazione costante della disposizione combattiva a respingere l’aggressione del nemico. Ordinava ai capi delle unità prestare particolare attenzione alle lezioni tattiche indirizzate alla difesa contro sbarchi e formazione pratica nel combattimento notturno, al sottolineare che non meno del 30% degli esercizi fossero fatti sotto quelle condizioni. Indicò che i capi dovevano essere pronti, al tempo debito, a schivare i colpi dell'aviazione nemica e snervare le truppe e le armi nelle aree preparate e fortificate.

In sintesi la strategia cubana elaborata dagli alti dirigenti della rivoluzione era basata sulla creazione di un dispositivo di sicurezza nazionale, con una massiccia partecipazione di tutto il popolo, perché nel caso di prodursi l'aggressione militare diretta degli Stati Uniti, si facesse una resistenza insormontabile, capace di far pagare un alto prezzo in vite e risorse all'invasore che i politici di turno al potere in quel paese non fossero disposti a pagare.

L'equità di questo sforzo di Rivoluzione non è stata vana. Il governo degli Stati Uniti continuò la sua guerra segreta contro Cuba e con questo scopo svilupparono nuovi piani aggressivi e intensificarono le azioni sovversive e segrete. Nel novembre del 1961, l'amministrazione americana generò un nuovo progetto di controrivoluzionario denominato Operazione Mangusta, la cui implementazione sarebbe estesa durante il 1962. Questo incluse tutte le forme possibili di aggressione: blocco economico, isolamento politico-diplomatico, sovversione interna, tentativi di assassinare i leader cubani - in particolare Fidel Castro-, guerra psicologica e finalmente, invasione militare.

Lo spiegamento di missili sovietici a Cuba

Queste azioni controrivoluzionarie degli Stati Uniti presagì, nella primavera dello stesso anno, l'aggressione militare diretta verso il paese e servì come argomento per giustificare la proposta sovietica per spiegare a Cuba missili a medio raggio e a intermedio.  Questa iniziativa, che ebbe nel massimo leader dell'Unione Sovietica di allora, Nikita S. Khrushchev, al principale mentore, era anche strettamente legata alla minaccia che significava per la sicurezza dell'URSS l'installazione di basi statunitense di missili Iupiter in Turchia e in Italia.

“Dobbiamo pagare con la stessa moneta, farli provare il proprio rimedio e costringerli a sentire nel proprio corpo che cosa significa vivere circondato da armi nucleari”, Khrushchev ripeté in diverse occasioni alle persone più vicine. Dopo un processo di consultazione e discussione presso la più alta direzione politica e militare sovietica accordò di presentare la proposta alla direzione cubana.

Alla fine di maggio 1962 è stata presentata questa iniziativa alla massima direzione della Rivoluzione cubana, che dopo analizzarla profondamente, prese la decisione di accettarla,  poiché tale misura sarebbe un importante contributo internazionalista di Cuba al rafforzamento della capacità difensiva del campo socialista nel suo complesso e, infatti, avrebbe contribuito alla difesa del paese essendo un importante deterrente.

Al ricordare quei fatti, il Comandante in Capo ha spiegato che lui percepì immediatamente che quella proposta poteva migliorare il potere difensivo dell'intero campo socialista o che ci avrebbe contribuito. Da questo punto di vista fu a favore di accettarla, anche se era convinto che per difendere Cuba i missili non erano imprescindibili, perché un patto militare che esprimesse chiaramente che un’aggressione armata al paese era uguale a un attacco contro l'URSS, si avrebbe potuto ottenere gli stessi scopi. “A noi non piacevano i missili. Se della nostra difesa esclusiva si fosse trattato noi non avessimo accettato i proiettili”.  Al rispondere affermativamente alla proposta sovietica, la direzione cubana espresse la necessità di elaborare un accordo militare e renderlo pubblico nel tempo più conveniente.

Khrushchev aveva il criterio e credeva che il trasferimento e lo spiegamento di queste armi poteva farsi in modo nascosto e segreto e senza pubblicare l'accordo fino a quando questo non fosse completato. A differenza di Fidel e Raúl che, al conoscere più dettagliatamente la grandezza di tutta quell’operazione e la dimensione dei missili, dubitano della possibilità che i servizi speciali americani non li identificassero. Fu per questa ragione che durante la visita che realizzò, nel mese di luglio all'URSS, il Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie, Raúl Castro, per discutere i dettagli dell'accordo militare e dell'operazione, portò l’incarico diretto del Comandante in Capo, di chiedere direttamente a Khrushchev, che cosa accadrebbe se l'operazione fosse scoperta prima di tale conclusione e, quindi, allertarlo davanti a una situazione del genere. La risposta del leader sovietico non fu molto convincente, perché davanti a tale possibilità, disse di non preoccuparsi e se questo succedeva manderebbe a Cuba la Flotta del Baltico.  

Tra la fine di luglio e ottobre 1962, si spiegò a Cuba un forte contingente militare sovietico, costituito da circa 42000 effettivi, di tutti i tipi di armi e forze. L'arrivo di questi mezzi a Cuba provocò negli Stati Uniti, da metà agosto, un ascendente scandalo nella stampa e nei circoli politici del paese che, secondo l’accurata valutazione di Fidel, pronosticava la genesi di una pericolosa crisi.

In tali circostanze, il Comandante in Capo s’incontrò con la massima direzione politica e militare cubana per analizzare la convenienza di neutralizzare le campagne propagandistiche statunitensi che cominciavano a svilupparsi, con la pubblicazione immediata dell'accordo militare, perché la sua validità, giustezza e legalità erano indiscusse. Per questo motivo, decise di inviare a Mosca il comandante Ernesto Che Guevara e il capitano Emilio Aragonés per discutere questi punti di vista, direttamente con Nikita S. Khrushchev. Tuttavia, ancora una volta il leader sovietico non prese in considerazione l'allerta cubana.

Per cercare di mantenere la segretezza dell'operazione, la direzione sovietica commise gravi errori politici e militari, perché piuttosto che affrontare le pressioni statunitensi sulla base del diritto di Cuba di fronte alle minacce esterne, di "prendere misure per garantire la sua sicurezza … e tutti gli amici sinceri di Cuba avranno pieni diritti di accesso a queste richieste legittime" com’è espresso nel comunicato congiunto sovietico-cubano firmato alla fine della visita del Che in URSS; ricorse all'inganno e alla menzogna.

Ad esempio, l'11 settembre 1962, l'agenzia di stampa TASS diffuse una dichiarazione del governo sovietico che riaffermava l’intenzione di fornire aiuto militare a Cuba in caso d’aggressione, chiamava agli Stati Uniti a mostrare buon senso. Ma paradossalmente affermava che “... l'Unione Sovietica non necessita spostare in nessun paese, ad esempio Cuba, i mezzi disponibili per respingere l'aggressione, per assestare il contraccolpo.”   Questa inopportuna e cattiva gestione politica servì come pretesto al governo degli Stati Uniti per giustificare l'ingiustificabile, l'utilizzo di azioni militari, come il blocco navale a Cuba o altre misure della stessa natura se fossero necessarie per raggiungere i loro scopi. Molto diversa fu la condotta della direzione cubana, fin dai primi momenti, affrontò la propaganda statunitense, sotto il presupposto legale e morale che Cuba, come un paese indipendente e sovrano, poteva avere le armi che considerasse appropriate per la sua difesa.

Alla goffa gestione politica bisogna aggiungere incongruenze nel campo militare. I sovietici avevano collocato convenientemente in tutto il paese unità misilitische antiaeree, che di essere state impiegate correttamente, sarebbe stato un forte deterrente per evitare che l'aviazione americana realizzasse dei voli di ricognizione sul territorio cubano e conservare il segreto che volevano mantenere a tutti i costi; così come non fecero una buona mascheratura e occultamento dei missili spiegati a Cuba. Il maltempo che esisteva a settembre e all'inizio di ottobre aiutarono a che lo spiegamento dei missili in costruzione non fosse scoperto presto.

Scoppia la Crisi

Il 14 ottobre, quando le condizioni meteorologiche migliorarono, avvenne il volo spia di un aereo U2 che fotografò i siti dei missili a medio raggio nella regione occidentale. Il 16 Kennedy fu informato di questo ritrovamento. Nel corso di una settimana incontra l’alta direzione politica militare degli Stati Uniti per decidere come eliminare quei siti, se attraverso un blocco navale, colpi aerei o l'invasione di Cuba. Il 22 ottobre, il Presidente degli Stati Uniti annuncia pubblicamente la sua decisione di imporre il blocco navale contro Cuba e chiede il ritiro incondizionato e sotto controllo dei missili sovietici.

Il Comandante in Capo, la notte del 23 ottobre compare nella radio e nella televisione cubane per spiegare al popolo la situazione esistente e reputare le affermazioni fatte dal Presidente americano. Fidel lasciò ben chiaro che il governo cubano non era costretto a rendere conto agli Stati Uniti e negò che quel paese avesse il diritto di decidere il tipo e il numero delle armi che Cuba doveva avere. Ammonì categoricamente che erano state prese “... le misure pertinenti per resistere e … respingere qualsiasi aggressione diretta”. Si oppose anche alla pretesa di Kennedy d’ispezionare il paese, perché “... mai rinunceremo alla prerogativa sovrana che all'interno dei nostri confini siamo noi che decidiamo... e nessun’altro.”  

Le notizie pubbliche e segrete che arrivavano a Cuba da Mosca, quel giorno 23, mostravano la determinazione della direzione sovietica di non permettere la materializzazione delle azioni americane e cedere alle loro esigenze. “Mai l'idea del ritiro attraversò la nostra mente”, affermò Fidel anni più tardi. Per i cubani era chiaro che il compito era prepararsi bene a resistere con fermezza l'aggressione imperialista e così si fece.   

La mattina del 24, il Comandante in Capo nel Posto di Comando Principale, incontrò un gruppo di alti capi e ufficiali, dopo aver ascoltato le relazioni sull'attuazione delle misure messe in pratica per la difesa del paese, passò ad analizzare gli aspetti fondamentali relative alla protezione del paese da attacchi aerei. Al riguardo, il capo della Direzione d’Informazione, al esporre l'apprezzamento delle possibili azioni del nemico, pose che il bombardamento aereo sarebbe l'azione più probabile, senza scartare l'invasione. Commentò inoltre, che il giorno precedente, diversi aerei nemici avevano invaso il territorio nazionale in volo a bassa altezza. Su questo punto Fidel pose che non si poteva consentire che quei aerei volassero con impunità, orientò studiare i luoghi dove era necessario rafforzare la difesa antiaerea e sparare quando facessero questi voli radenti. “Non abbiamo – disse- nessuna ragione di politica, di nessun tipo, di nessuna classe, che ci impedisca abbattere un loro aereo che voli su di noi a 300 piedi. Forse nel mare, a circa tre miglia…, ma quelli che volano qui, li abbattiamo, ma che cadano nel nostro territorio.”

Una volta finita la riunione, il Capo della Rivoluzione catturò l'attenzione dei capi perché approfittassero dei vantaggi di aver mobilitato le truppe e lavorare sulla soluzione dei punti deboli della difesa senza perdere un attimo, poiché tutte le precauzioni prese erano tempo guadagnato. Diede istruzioni sulle misure di difesa antiaerea.   

Nel pomeriggio, Fidel visitò un gruppo missilistico terra aria sovietico a nordest della capitale. Lì osservò la vulnerabilità di quelle unità davanti ad un attacco di aerei a bassa altitudine. Per questo, ordinò immediatamente che 50 batterie antiaeree della sua riserva si spostassero per dare protezione a quei gruppi e agli impianti di missili a medio raggio.

La direzione cubana, dai primi momenti, comprese il pericolo che significava questi voli radenti. L'aumento di queste azioni erano tali che fecero imprescindibile prendere misure rapide ed efficaci per porre fine a questi atti provocatori, perché la possibilità del colpo aereo sorpresa aumentava.   La mattina del 26, il Comandante in Capo prese la decisione di impedire questi voli e ordinò, dal 27, aprire fuoco contro ogni aereo nemico che volasse a bassa altitudine. “Tale legittimo diritto di difesa è irrinunciabile, e di conseguenza, ogni aereo da combattimento che invada lo spazio aereo cubano, lo potrà fare solo a rischio di affrontare il nostro fuoco difensivo”, dice la dichiarazione redatta al riguardo.

La notte di quel 26 ottobre, dopo prendere tutte le misure e precisare i minimi dettagli del piano di difesa del paese, Fidel si chiedeva cosa si doveva ancora fare e decise di scrivere un messaggio a Khrushchev al fine di esortarlo a mantenere una posizione ferma e che non commettesse errori irreparabili in caso scoppiasse la guerra.

Ma ciò che non sapeva Fidel, né nessuno a Cuba, era che fin dal giorno 25 ottobre, Khrushchev e Kennedy effettuavano uno scambio di corrispondenza segreta per la ricerca di un accordo tra le due superpotenze. Queste lettere, quelle scritte da Khrushchev i giorni 27 e 28 furono emesse in fretta e apertamente da radio Mosca, perciò il loro contenuto fu anche conosciuto a Cuba. Nel messaggio di Khrushchev del 28, in modo unilaterale e impulsivo, il leader sovietico si impegnava a ritirare, con garanzia di verifica, l’armamento che gli americani consideravano offensivo, in cambio dell'impegno assunto dal Presidente degli Stati Uniti di non invadere Cuba e impedire che i loro alleati dessero questo passo.  

I termini di tale accordo non risolvevano il problema ed erano svantaggi per Cuba. Lo stesso giorno 28, in una dichiarazione pubblica, Fidel comunicò la posizione della Rivoluzione, basata su cinque punti che renderebbero possibile il raggiungimento di una vera pace, in questa dichiarazione afferma “…che non ci sarebbero le garanzia di cui parlava  Kennedy, se, oltre all'eliminazione del blocco che prometteva, non si adottavano le seguenti misure:  

"Prima. Cessazione del blocco economico e le misure di pressione commerciale ed economica che esercitano gli Stati Uniti contro Cuba in tutte le parti del mondo”.

"Seconda. Cessazione di tutte le attività sovversive, lanci e sbarchi di armi ed esplosivi per aria e mare, organizzazione d’invasioni mercenarie, filtrazione di spie e sabotatori, azioni tutte che si svolgono dal territorio degli Stati Uniti e da alcuni paesi complici”.

"Terza. Cessazione degli attacchi pirata eseguiti da basi negli Stati Uniti e Porto Rico”.

"Quarta. Cessazione di tutte le violazioni dello spazio aereo e navale da aerei e navi da guerra americane”.

“Quinta. Ritiro della Base navale di Guantanamo e restituzione del territorio cubano occupato dagli Stati Uniti.”

Furono cinque punti concreti e su basi decorose. I governanti americani non vollero considerarli, allo stesso tempo, esigettero l'ispezione del territorio cubano come un mezzo di verifica dell'impegno sovietico. Fidel capì che questa esigenza aveva l’evidente scopo di umiliare il paese, indebolire moralmente il popolo cubano e la sua fiducia nella Rivoluzione; così come creare un precedente internazionale che potrebbe essere applicato dalle superpotenze contro qualsiasi nazione piccola e debole, per quello si oppose con intransigenza.

Anche se è vero che la cosiddetta comprensione Khrushchev - Kennedy aveva trovato una soluzione negoziata alla grave crisi che minaccia l'umanità con la guerra nucleare, questo non risolveva le cause profonde che l’avevano provocata. Per Cuba il pericolo dell’aggressione militare non era passato. Vennero nuovi giorni di tensione. In quelle circostanze difficili, il Comandante in Capo difese con dignità e coraggio l'autodeterminazione e la sovranità del paese contro l’agire delle due superpotenze dell’epoca. Affrontò con coraggio la politica prepotente e di forza degli Stati Uniti e discusse, basato sulla propria ragione e diritto, la discrepanza sorta con l'Unione Sovietica per il modo unilaterale impiegato nella soluzione del conflitto.

Guardare da vicino a quegli eventi, qualificati dal Che come "luminosi e tristi", ci permette di avere una visione più obiettiva e serena dei suoi insegnamenti e significato per Cuba. In primo luogo affermò di concezione di Fidel che la sicurezza del paese dipende, in primo luogo, dal valore, dalla decisione e dalla volontà di tutto il popolo unito, di partecipare nella sua difesa e che la solidarietà globale avrebbe giocato un ruolo significativo nello stesso modo che la nazione sarebbe in grado di resistere l'aggressione imperialista. In secondo luogo, dopo gli eventi di quei giorni, c’è rimasto un senso di delusione e amarezza per lo scarso ruolo politico dell'Unione Sovietica per accettare tutte le esigenze degli Stati Uniti per porre fine al conflitto, il che Cuba mise a Cuba in una situazione molto difficile e, inoltre, nella gestione pubblica dello scambio proposto dei missili a Cuba per quelli che si trovavano in Turchia.  

Da quelle amare ma istruttive esperienze, Fidel e la massima direzione della Rivoluzione non si fidarono più della capacità della direzione sovietica nella gestione di problemi di questa natura.   Questo permise a Cuba di non cadere nei grandi errori strategici che quel grande paese commise che, in definitiva, portò alla sua scomparsa.

Note e riferimenti  

Durante la notte del 22, la mattina e all'alba del 23, centinaia di migliaia di cubani sono stati mobilitati e trasportati nelle  trincee, con le loro armi. Il totale mobilitato fu di 269203 effettivi; di questi, 169561 erano riservisti e 99612 appartenevano al servizio attivo delle Forze Armate Rivoluzionarie, secondo il personale di ruolo vigente. Vedere: Progetto di relazione dell'analisi dell’esperienze della mobilitazione scorsa.

Direzione di Operazioni. L'Avana, 19 dicembre 1962. File di Centro d'Informazione per la difesa delle Forze Armate Rivoluzionarie (CIDFAR). Fondo della UM 1081, Inventario n.1, Dossier n.28. Fascicolo n. 4.
Vedere note della riunione del 24 ottobre 1962. Archivi di CIDFAR. Fondo della UM 1081, inventario n. 1.  
Testo del discorso del Presidente Kennedy. 22 ottobre 1962. In: Robert F. Kennedy: Tredici giorni. Ob. cit. pp. 129 e 131.  
Fidel Castro Ruz: Discorso presso la laurea del primo corso di capi dei plotoni di Scuola di’Ufficiali di Matanzas, 26 settembre 1961. Opera Rivoluzionaria n. 36. L'Avana, 5 ottobre 1961, p. 29.
Ordine n. UNO del Comandante delle Forze Armate Rivoluzionarie per l’anno d’istruzione 1962. Archivi di CIDFAR. Fondo della UM 1081.
Alexander Alexeev, articolo pubblicato nella rivista Eco del Pianeta, n. 33, Mosca, novembre 1988, pp. 2633.
Fidel Castro Ruz: Trascrizioni della Conferenza Tripartita sulla Crisi di Ottobre, L'Avana, gennaio 1992.
Comunicato Congiunto Sovietico-Cubano. Notizia d’Oggi, L'Avana, lunedì 3 settembre, 1962.
Notizia di oggi, L'Avana, giovedì, 12 settembre 1962.
Fidel Castro Ruz: Comparizione sulla radio e la televisione cubana. Martedì 23 settembre 1962. Notizie di Oggi, Mercoledì 24 settembre 1962, p.5.
Fidel Castro Ruz: Conferenza Tripartita... Documento Citato.
Dossier relativo alle allarme di combattimento del 22 ottobre 1962. Documenti della riunione del 24 ottobre. Archivio del CID. Fondo della UM 1081, Fascicolo n. 1, Inventario n. 1, Dossier n.1.
Ad esempio tra i giorni 22 e 24 ottobre si registrarono 11 voli, ma già il 25 si registrarono 15.  
Theodoro C. Sorensen, consulente speciale del Presidente Kennedy, scrisse: "Questi voli avrebbero fornito non solo una ricognizione aerea migliore, ma allo stesso tempo, un sistema di molestare i russi e umiliare Castro (...). La routine della sorveglianza aerea dell'isola, inoltre,  potrebbe darci l’occasione arrivato il momento di lanciare un attacco di sorpresa...”.     Theodore C. Sorensen: Kennedy, l'uomo, il Presidente. Edizioni Grijalbo S.A., Barcellona, 1966, Volume II, p. 1054
Notizia di Oggi. Domenica 28 ottobre 1962. p. 1
Vedere Corrispondenza scambiate in Fidel Castro Ruz e Nikita Khrushchev. Giornale Granma, 23 novembre di 1990.
Notizia di Oggi. Mercoledì 31 ottobre 1962, p. 10
Vedere la Lettera pubblica da Khrushchev a Kennedy il 27 ottobre 1962. Notizia di Oggi. Domenica 28 ottobre 1962.  
Vedere frammenti del discorso di Fidel Castro nella Seduta Plenaria del Comitato Centrale del PCC tenutosi il 25 e il 26 gennaio 1965. Archivio dell'Istituto di Storia di Cuba. Fondo Crisi di Ottobre.