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Le verità obiettive e i sogni

Data: 

13/08/2013

Fonte: 

Granma Internacional

La specie umana riafferma con frustrante forza che esiste da aprossimatamente 230.000  anni. Non ricordo alcuna affermazione che abbia un’età maggiore. Se sono esistiti  altri tipi di umani, come Neandertaliani d’origine europea, o  un terzo, l’ominide di Denisova al nord dell’Asia, ma in nessun caso esistono fossili più antichi di quelli dell’Homo Sapiens dell’Etiopia.

Tali resti in cambio esistono di numerose specie vive allora, come i dinosauri, i cui fossili hanno almeno 200 milioni di anni.  Molti scienziati parlano della loro esistenza prima dell’impatto di  un meteorite nell’Istmo di Tehuantepec che provocò la morte di quelli,alcuni dei quali erano lunghi 60 metri.

È ugualmente nota la preistoria del pianeta che abitiamo oggi,  separato  da una nebulosa solare e il suo raffreddamento come massa compatta quasi piana,  costituita da un numero crescente di materie ben definite che, poco a poco, hanno acquisito tracce visibili.  Non si sa quante non sono ancora state scoperte  e gli insoliti usi che la tecnologia moderna può apportare agli esseri umani.

Si sa che le sementi di alcune piante commestibili furono scoperte e si cominciarono ad usare circa 40.000 anni fa; esiste anche la prova di quello che fu un calendario di semine   inciso nella pietra aprossimatamente 10.000 anni fa.

Le scienze devono insegnare a tutti ad essere soprattutto umili data la nostra autosufficienza congenita. Saremmo così più preparati per affrontare e anche goderci il raro privilegio di esistere.  

Nel mondo sfruttato e saccheggiato vivono innumerevoli persone generose e sacrificate, soprattutto le madri,  dotate dalla stessa natura di speciale spirito di sacrificio.

Il concetto di padre che non esiste nella natura, è in cambio frutto dell’educazione sociale negli esseri umani e si osserva come norma in qualsiasi angolo, dall’Artico dove si trovano gli eschimesi, alle selve più torride dell’Africa nelle quali le donne non solo si occupano della famiglia, ma lavorano anche la terra per produrre gli alimenti.

Chi legge le notizie che giungono tutti i giorni su vecchi e nuovi comportamenti della natura e sulle scoperte dei metodi per affrontare quello di ieri, di oggi e di domani, comprenderà le esigenze del nostro tempo.

I virus si trasformano in maniera insperata e colpiscono le piante più produttive o gli animali che rendono possibile l’alimentazione umana e questo rende più insicura e costosa la salute della nostra specie, genera e aggrava le malattie, soprattutto negli anziani e nei più piccoli.  

Come affrontare con onore il numero crescente di ostacoli che soffrono gli abitanti del pianeta?

Pensiamo che più di duecento gruppi umani si disputano le risorse della Terra.  

Il patriottismo è semplicemente il sentimento solidale più ampio raggiunto. Non diciamo mai che è poco. Sicuramente iniziò per le attività familiari di ridotti gruppi di persone che gli scrittori della storia hanno definito “clan familiari”, per percorrere il cammino della cooperazione tra gruppi di famiglie che collaboravamo tra di loro per elaborare i compiti alla loro portata.

Ci furono lotte tra gruppi di famiglie in altre tappe, sino a raggiungere livelli superiori d’organizzazione, come senza dubbio è stata la tribù. Sono trascorsi più di centomila anni. I ricordi, scritti in sofisticati rotoli di pergamena datano non meno di 4000 anni.

La capacità umana per pensare ed elaborare idee era già notevole ed io non credo sinceramente che greci erano meno intelligenti dell’uomo attuale. Le loro poesie, i loro testi filosofici, le loro sculture, le loro conoscenze di medicina, i loro giochi olimpici, i loro specchi con cui incendiavano le navi avversarie concentrando i raggi solari, le opere di Socrate, Platone, Aristotele, Galeno, Archimede e altri, hanno riempito di luce il mondo. antico  erano uomini di talento fuori misura.

Arriviamo dopo un lungo cammino alla tappa contemporanea della storia dell’uomo.

I giorni critici non tardarono a presentarsi per la nostra Patria, a 90 miglia dal territorio continentale degli Stati Uniti, dopo che una profonda crisi colpi la URSS.

Dal 1º gennaio del 1959 il nostro paese ha assunto il comando del proprio destino, dopo 402 anni di colonizzazione spagnola e 59 anni di neocolonia.

Non esistevamo già più come indigeni che non parlavano nemmeno lo stesso linguaggio. Eravamo una miscela di bianchi, negri e indios che formavano una nazione nuova, con le sue virtù e i suoi difetti, come le altre.

È d’obbligo dire che imperavano nell’Isola la tragedia della disoccupazione, il sotto sviluppo e un poverissimo livello d’educazione.  Esistevano conoscenze inculcate dalla stampa e dalla letteratura che dominava negli Stati Uniti, che non riconoscevano, quando non  disprezzavano, i sentimenti di una nazione che aveva combattuto con le armi per quattro decenni per l’indipendenza del paese e alla fine anche contro centinaia di migliaia di soldati al servizio della metropoli spagnola.  È obbligatorio non dimenticate la storia della “Frutta Matura” imperante nella mentalità colonialista della poderosa nazione vicina che fece prevalere la sua forza, e che negava al paese non solo il diritto d’essere libero oggi, domani e sempre,  ma che pretendeva d’annettere la nostra Isola al territorio di questo poderoso paese.  

Quando nel porto de L’Avana esplose la corazzata statunitense Maine, l’esercito spagnolo, formato da centinaia di migliaia di uomini, era già sconfitto, così  come un giorno i vietnamiti sconfissero a base di eroismo il poderoso esercito dotato di sofisticate armi, includendo “l’Agente arancia”, che ha provocato handicap per tutta la vita a tanti vietnamiti. Nixon più di una volta fu tentato dall’uso delle armi nucleari contro quel popolo eroico.  Non era per caso che lottò per ammorbidire i sovietici con le loro discussioni sulla produzione di alimenti in quel paese.

Smetterei d’essere trasparente se non segnalo un momento amaro delle nostre relazioni con la URSS.

Questo derivò dalla nostra reazione, quando conoscemmo le decisioni di Nikita Kruschov a proposito della Crisi d’Ottobre del 1962 , dalla quale  nel prossimo mese d’ottobre si compiranno 51 anni.

Quando sapemmo che Kruschov aveva accordato con  John F. Kennedy la ritirata dei proiettili nucleari dal paese, io pubblicai una nota con i 5 Punti che considerai indispensabili per un accordo. Il capo sovietico sapeva che noi inizialmente avevamo avvertito il Maresciallo a capo dei Missili sovietici, che a Cuba non interessava apparire come punto di collocazione dei missili della URSS, data la sua aspirazione ad essere un esempio per gli altri paesi dell’America Latina nella lotta per l’indipendenza dei nostri popoli.

Nonostante questo il Maresciallo a capo di quelle armi, una persona eccellente, insisteva sulla necessità di contare su alcune armi che persuadessero gli aggressori, e dato che lui insisteva sul tema io gli chiesi  se a loro sembrava una necessità imprescindibile per la difesa del socialismo cioè se si trattava già di un’altra cosa,  perchè  eravamo  prima di tutto, dei rivoluzionari.

Gli chiesi due ore per permettere alla direzione della nostra Rivoluzione di prendere una decisione.

Kruschov si era comportato con Cuba alla grande.  Quando gli Stati Uniti sospesero totalmente la quota dello zucchero e bloccarono il nostro commercio, lui decise di comprare quello che quel paese aveva smesso d’acquistare e allo stesso prezzo.  

Quando mesi dopo, quel paese sospese le quote del petrolio, la URSS ci fornì le necessità di questo vitale prodotto senza il quale la nostra economica avrebbe sofferto un grave collasso: una lotta a morte si sarebbe imposta, dato che Cuba non si sarebbe mai arresa.

I combattimenti sarebbero stati molto sanguinosi sia per gli aggressori come per noi. Avevamo accumulato più di 300.000 armi, includendo le 100.000 strappate alla tirannia batistiana.

Il leader sovietico aveva ottenuto un grande prestigio  per via dell’occupazione del Canale di Suez da parte di Francia e Inghilterra, le due potenze che erano proprietarie  del Canale, e con l’appoggio delle forze israeliane attaccarono e occuparono quella via.

Kruschov avvertì che avrebbe usato le sue armi nucleari contro gli aggressori francesi e britannici che avevano occupato quel punto.  Gli Stati Uniti, con la direzione diEisenhower, non erano disposti in quel momento a farsi coinvolgere in una guerra. Ricordo una frase di  Kruschov in quei giorni: I nostri missili possono abbattere una mosca nell’aria”.

Non molto tempo dopo il mondo fu coinvolto in un gravissimo pericolo di guerra, e disgraziatamente fu il più grande mai conosciuto.

Kruschov non era un leader qualsiasi, durante la Grande Guerra Patria  si era segnalato come commissario a capo della difesa di Stalingrado, attuale Volgograd, nella battaglia più dura mai sferrata nel mondo, con la partecipazione di 4 milioni di uomini.

I nazisti perdettero più di mezzo milione di soldati.

La Crisi d’Ottobre a Cuba gli costò la presidenza. Nel 1964 fu sostituito da Leonid Brezhnev.

Si supponeva che anche se ad un alto prezzo,  gli Stati Uniti avrebbero mantenuto l’impegno di non invadere Cuba.

Brezhnev sviluppò eccellenti relazioni con il nostro paese; ci visitò il 28 gennaio del 1974, sviluppò il potere militare dell’Unione Sovietica, addestrò  nella scuola militare del suo grande paese  molti ufficiali delle nostre forze armate, continuò il rifornimento gratuito di armamenti militari al nostro paese, promosse la costruzione di una centrale elettro- nucleare di raffreddamento ad acqua alla quale si applicavano le massime misure di sicurezza ed appoggiò gli obiettivi economici del nostro paese.   

Alla sua morte, il 10 novembre del 1982, gli succedette Yuri Andrópov, direttore della KGB, che presenziò i funerali  di Brezhnev e divenne Presidente della URSS. Questi era un uomo serio, così lo apprezzo, ed anche molto franco.

Ci disse che se eravamo attaccati dagli Stati Uniti, avremmo dovuto lottare da soli.

Gli chiedemmo se ci potevano fornire le armi gratuitamente come sino a quel momento. Rispose di sì e allora gli comunicammo: “Non si preoccupi! Ci invii le ami che degli invasori ci occupiamo noi!”

Su quel tema era informato solo un minimo di compagni, dato che era molto pericoloso che il nemico fosse a conoscenza di questa informazione.

Decidemmo di  richiedere ad altri amici le armi sufficienti per poter contare su un milione di combattenti cubani. Il compagno Kim II Sung, un veterano e valoroso  combattente,  ci inviò 100.000  fucili  AK e le loro corrispondenti munizioni senza farci pagare un centesimo.

Che cosa contribuì a scatenare la crisi?  Kruschov aveva percepito la chiara intenzione di  Kennedy d’invadere Cuba appena fossero state  pronte  le condizioni politiche  e diplomatiche, soprattutto dopo la schiacciante sconfitta dell’invasione mercenaria della Baia dei Porci, scortata da navi d’assalto della Fanteria della Marina e da una portaerei  yanquee.

I mercenari controllavano lo spazio aereo con più di 40 aerei, tra bombardieri B-26, aerei da trasporto e altri d’appoggio. Un attacco a sorpresa precedente alla nostra principale base aerea,  non trovò i nostri aerei allineati, ma sparsi in diversi punti,  quelli che potevano muoversi e quelli a cui mancavano i pezzi.

Ne danneggiarono pochi. il giorno dell’invasione a tradimento, i nostri aerei erano nell’aria prima dell’alba in direzione di Playa Girón.  Diciamo che solo un onesto scrittore nordamericano descrisse quello come un disastro. Basti dire che alla fine di quell’avventura solo due o tre tra i mercenari riuscirono a ritornare  a Miami.

L’invasione programmata dalle forze armate degli Stati Uniti contro l’Isola era stata una forte sconfitta, superiore  a quei  50.000 soldati che avevano perso in Vietnam.

Non avevano allora l’esperienza che hanno acquisito più tardi.

Si ricorderà che il 28 ottobre del 1962 io dichiarai che non ero d’accordo con la decisione inconsulta e ignorata da Cuba che la URSS ritirasse i suoi proiettili strategici, per i quali si stavano preparando le rampe di lancio e che erano un totale di 42. Spiegai al leader sovietico che noi non eravamo stati consultati su questo passo  e che questo era un requisito essenziale dei nostri accordi.

L’idea si trova in una frase: “ Lei può convincermi che mi sbaglio, ma non mi può dire che mi sbaglio senza convincermi”, ed enumerai i 5 Punti che si mantenevano intoccabili: l’eliminazione del blocco economico e di tutte le misure di pressione commerciale ed economiche che esercitano gli Stati Uniti in tutte le parti del mondo contro il nostro paese; l’ interruzione di tutte  le attività sovversive, i lanci e gli sbarchi di armi e d’esplosivi per mare e nelle vie aree; l’organizzazione d’invasioni mercenarie, infiltrazioni di spie e sabotatori; le azioni che si disegnavano dal territorio degli Stati Uniti e in alcuni paesi complici; l’interruzione degli attacchi pirata che si eseguono, organizzati nelle basi che esistono negli Stati Uniti e a Puerto Rico; l’eliminazione di tutte le violazioni del nostro spazio aereo e navale con aerei e navi da guerra nordamericane e la ritirata dalla base navale di Guantánamo con la restituzione del territorio cubano, occupato dagli Stati Uniti.  

È molto  noto anche che il giornalista francese  Jean Daniel aveva intervistato il presidente Kennedy dopo  la Crisi d’Ottobre; questi gli aveva raccontato la dura esperienza vissuta e gli aveva domandato se io conoscevo davvero il pericolo di quel momento.

Chiese al giornalista francese di venire a L’Avana,  parlare con me e chiarire quell’interrogativo.  

Daniel viaggiò a L’Avana e chiese l’intervista.  Io lo citai per quella notte e gli  feci sapere che desideravo vederlo e conversare con lui sul tema, e gli suggerii di farlo a Varadero. Giungemmo là e lo invitai a pranzo. Era mezzogiorno.  Accesi una radio e in quell’istante un nota informava che il Presidente Kennedy era stato assassinato a Dallas.

Praticamente già io non dovevo parlare. Io ovviamente gli chiesi che parlasse della sua conversazione con Kennedy. Lui era davvero molto impressionato da quel  suo contatto.

Mi disse che Keennedy era una macchina per pensare. Era realmente sotto shock. Non lo vidi più. Io da parte mia investigai come si poteva, o meglio, pensai a quello che era accaduto in quel giorno. Fu strano il comportamento di Lee Harvey Oswald. Seppi che aveva cercato di visitare Cuba non molto tempo prima dell’assassinio  di Kennedy, e si suppone che sparò con un fucile semiautomático con mirino telescopico contro un bersaglio  in movimento.

Conosco molto bene l’utilizzo di quest’arma: il mirino quando si spara si muove e il bersaglio si perde per un istante, cosa che non accade con un altro sistema di mira di qualsiasi fucile.

La telescopica, di varia portata,   è  molto precisa se l’arma si appoggia, ma fallisce quando si usa con un obiettivo in movimento. Si dice che furono due gli spari mortali consecutivi in frazioni di secondi.

La presenza di un criminale noto per le sue azioni, che uccide Oswald niente meno che in un commissariato, commosso dal dolore che stava soffrendo la moglie di Kennedy, sembra un cinico scherzo.   

Johnson, un buon magnate del petrolio, non  perse un minuto per prendere un aereo in direzione di Washington. Non voglio fare imputazioni,  è un loro problema, ma si tratta del fatto che nei piani c’era il coinvolgimento di Cuba nell’assassinio di Kennedy.

Più tardi, anni dopo, mi visitò il figlio del presidente assassinato e cenò con me. Era un giovane pieno di vita e gli piaceva scrivere. Poco tempo dopo, viaggiando in un notte di tempesta verso un’isola per le vacanze con un semplice aereo, apparentemente persero la rotta e si sfracellarono.  Ho conosciuto a Caracas anche la moglie i figli piccoli di  Robert Kennedy, che fu procuratore generale e negoziatore con l’inviato di Kruschov, che era   stato assassinato.  Il mondo sin d’allora marciava cosi.

Vicino al termine di questo scritto che coincide con il 13 agosto, 87 anniversario del suo autore, chiedo che mi sia scusata qualsiasi imprecisione.

Non ho avuto il tempo di consultare  documenti.

I dispacci ogni giorno parlano di preoccupanti temi che si accumulano all’orizzonte mondiale.

Noam Chomsky, secondo il sito  Web del canale di televisione Rusia Today, ha detto: "La politica degli Stati Uniti è disegnata per far aumentare il terrore”.

Secondo il prestigioso filosofo, la politica degli USA è disegnata in maniera che aumenti il terrore tra la popolazione. Gli Stati Uniti stanno sviluppando la campagna terrorista internazionale più impressionante mai vista: quella dei droni, e la campagna delle forze speciali.  

La campagna dei droni sta creano potenziali terroristi.

A suo giudizio è assolutamente incredibile che il paese nordamericano da un lato svolga una campagna di terrore di massa che può generare potenziali terroristi contro  uno stesso,  e dall’altro proclami che è assolutamente necessario contare su una vigilanza di massa per proteggere contro il terrorismo.

Secondo  Chomsky, esistono numerosi casi simili e uno dei più  evidenti, secondo lui, è quello di  Luis Posada Carriles, accusato dal Venezuela della partecipazione ad un attenato contro un aereo, nel quale morirono 73 persone.

Oggi provo un ricordo speciale del miglior amico che ho avuto  negli anni di politica attiva che, molto umile e povero, si formò nell’esercito Bolvariano del Venezuela: Hugo Chávez Frías.

Tra i molti libri che ho letto, impregnati dal suo linguaggio poetico  e descrittivo, ce n’è uno che mostra la sua ricca cultura,  la sua capacità d’esprimere in termini rigorosi la sua intelligenza  e le sue simpatie attraverso le più di duemila domande formulate dal giornalista, anche lui  francese, Ignacio Ramonet.

Il 26 Luglio di quest’anno, quando  ha vistato Santiago di Cuba  in occasione del 60º anniversario dell’assalto alle caserme Moncada e Carlos M. De Céspedes, mi ha dedicato il suo ultimo libro: “Hugo Chávez La mia prima vita”.

Ho sentito il sano orgoglio d’aver contribuito all’elaborazione di questa opera, perchè  Ramonet mi aveva sottoposto ad un implacabile questionario che, nonostante tutto, è servito per addestrare l’autore in questa materia. Il  peggio è che non avevo concluso il mio compito come dirigente quando promisi di rivederlo.

Il 26 di luglio del 2006 mi ammalai gravemente.  Appena compresi che era definitivo, non ebbi dubbi nemmeno per un secondo nel proclamare, il giorno 31, che rinunciavo ai miei incarichi di Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri e  proposi che il compagno   designato per svolgere questi impegni li occupasse immediatamente.

Mi restava da concludere la revisione promessa di “Cento ore con Fidel”.  Ero a letto  e temevo di svenire mentre dettavo e a volte mi addormentavo. Nonostante questo un giorno dopo l’altro rispondevo alle indiavolate domande che mi sembravano interminabili,  ma ho resistito sino alla fine.

Ero lontano dall’immaginare che la mia vita si sarebbe prolungata per altri sette anni.  Solo così ho avuto il privilegio di leggere e studiare molte cose che avrei dovuto apprendere prima. Penso che le nuove scoperte hanno sorpreso tutti.

Sono mancate molte domande su Hugo Chávez alle quali rispondere  dal momento più importante della sua esistenza, quando  divenne presidente della Repubblica del Venezuela.

Non esiste una sola domanda a cui rispondere sui momenti più brillanti  della sua vita. Quelli che lo hanno conosciuto bene sanno la priorità che dava a queste sfide ideologiche. Uomo d’azione e di idee lo sorprese un tipo di malattia molto aggressiva che lo ha fatto sofrire abbastanza, ma che ha affrontato con grande dignità e con il profondo dolore dei familiari e  gli amici  vicini che ha tanto amato.  

Bolívar è stato il suo maestro e la guida che  ha orientato i suoi passi nella vita.

I due riunivano la grandezza sufficiente per occupare un luogo d’onore nella storia umana.

Tutti aspettiamo adesso “Hugo Chávez: la mia Seconda Vita”.

Senza di lui nessuno avrebbe potuto scrivere meglio la più autentica delle storie.

Fidel Castro Ruz
13 Agosto 2013
Ore 21. 5