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DISCORSO PRONUNCIATO DAL COMANDANTE IN CAPO FIDEL CASTRO RUZ IN OCCASIONE DEL XXX ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA FISICA DI CAMILO CIENFUEGOS, LAWTON, CITTÀ DELL’AVANA, IL 28 OTTUBRE 1989

Data: 

28/10/1989

Compagne e compagni,

Abbiamo voluto celebrare questo XXX anniversario della scomparsa fisica di Camilo Cienfuegos in un modo semplice, direi in un modo degno di lui. Sono certo che se lui fosse ancora in vita, lui, la cui immagine abbattendo le mura di una fortezza per trasformarla in scuola è rimasta in noi tutti, sarebbe molto contento della sua Rivoluzione e del suo popolo, e avrebbe fatto ciò che facciamo noi tutti; ciò che avrebbe voluto fare e costruire lungo i 30 anni, assieme al suo popolo, opera della Rivoluzione.

Sono certo che lui sarebbe contento, sono certo che lui sarebbe infiammato, perché penso che proprio in questo momento il nostro popolo scrive una delle pagine più belle e più gloriose della sua storia, e Camilo era un uomo che amava i compiti difficili; si potrebbe dire che era un uomo che amava le difficoltà, che sapeva affrontarle ed era in grado di fare delle prodezze nelle circostanze le più inattendibili.

L’inaugurazione di questa scuola, dedicata alla sua memoria, ha un grande simbolismo. Cosa significa questa scuola? Penso che significa una delle opere le più umane della Rivoluzione. I nostri predecessori agognarono una patria con insegnanti per tutti i bambini, scuole per tutti i bambini, libri per tutti i bambini, scarpe per tutti i bambini, alimenti per tutti i bambini; tuttavia, quando si dice scuole per tutti i bambini, si pensa all’abbecedario, si pensa al maestro insegnando a leggere ed a scrivere, si pensa al bambino come se tutti i bambini avessero esattamente le stesse condizioni, come se tutti i bambini fossero esattamente uguali. Dal punto di vista giuridico, dal punto di vista legale, sono esattamente uguali; però, sfortunatamente, molti bambini hanno esigenze speciali e per tali bambini non c’erano scuole. Non si trattava più di avere un maestro, un libro oppure una scuola, ma si trattava di avere un maestro qualificato nella formazione di tali bambini, una scuola appositamente concepita per il suddetto tipo di formazione.

Ci sono delle mete importanti ormai compiute, vale a dire, quella dell’alfabetizzazione, quella di un maestro per ogni bambino, una scuola per ogni bambino, dei libri per ogni bambino, vestiti e scarpe per ogni bambino, alimenti, possibilità, genitori con impiego; la meta di una società senza bambini mendicanti, la meta di una società senza bambini costretti a fare ciò che fanno oggi al mondo, che inghiottiscono perfino del fuoco per guadagnarsi alcuni centesimi.

Quella società è rimasta in dietro grazie all’opera di questi 30 anni di Rivoluzione ed è rimasta in dietro dai primi anni. Quell’epoca in cui non c’erano maestri né in campagna né in montagna, quell’epoca in cui non c’erano abbastanza maestri diplomati, è rimasta in dietro. Forse a quell’epoca nessuno parlava di scuole speciali, chi avrebbe pensato alle scuole speciali quando molti bambini non avevano né maestri né scuole, quando non avevano né alimenti né scarpe.

Non ricordo che agli inizi della lotta rivoluzionaria si avesse parlato delle scuole speciali; tuttavia, pian piano che il paese andava avanti, pian piano che si raggiungevano le mete importanti, altre mete sono comparse — e non poteva essere altrimenti—, e, pian piano che migliorava la nostra educazione, si scopriva il bisogno di scuole speciali.

Non occorre approfondire sul tema perché in questi giorni abbiamo letto sul giornale ciò che significano queste scuole speciali per i bambini che nascono, ad esempio, con ritardo mentale. Era impensabile lasciare al caso questi bambini, era impensabile che tali bambini frequentassero le scuole tradizionali visto che loro hanno esigenze particolari per la loro formazione, altrimenti avrebbero respinto la scuola, l’avrebbero lasciata, quindi non avrebbero tratto alcun beneficio. Ovvero bambini minorati psichicamente; ovvero bambini ciechi o sordi; ovvero bambini con disabilità auditiva; ovvero ipovedenti. Loro devono essere accuditi in modo speciale per fare fronte alla loro minorazione; addirittura per risolvere molti di tali problemi perché le suddette sono scuole, da una parte, e stabilimenti sanitari, dall’altra, perché aiutano al recupero fisico dei vari tipi di malattie; ovvero bambini minorati fisicamente, nati con la disabilità oppure acquisita successivamente; ovvero bambini con disturbi della condotta; quale sarebbe il loro futuro se non ci fossero queste scuole? Non sono in tre né in quattro né in mille, ma ci sono migliaia di bambini, ci sono decine di migliaia!

Vorrei sottolineare in questa sede che, nel 1959, quando trionfa la Rivoluzione, non c’era questo tipo d’istituzione. Secondo i dati risalenti a quel anno, c’erano 14 scuole speciali e 134 allievi iscritti, e immagino che ci sarebbero stati all’incirca 15-20 insegnanti; la specialità in questo tipo di formazione non esisteva. Trent’anni dopo, il paese ha 466 scuole speciali. Al momento del decesso di Camilo c’erano 14; oggi ce ne sono 466. Nel momento del decesso di Camilo, c’erano 134 bambini iscritti in quel tipo d’insegnamento; oggi ce ne sono 52.900. Nel momento del decesso di Camilo c’erano all’incirca 20 maestri; oggi ce ne sono14.900 professori e maestri, soltanto in questo tipo d’insegnamento. E per darvi un’idea del contenuto delle suddette scuole, dei 52.900 allievi iscritti, circa 30.000 sono affetti da ritardo mentale.

Vediate quanto bisogno ne aveva la società. Proviate a immaginare quale sarebbe stato il destino di quei bambini e di quei adolescenti in passato, e pensiate ciò che significa che la nostra società abbia oggi 30.000 bambini affetti da ritardo mentale iscritti nelle scuole speciali. E così come è solito in una società tanto solidale, tanto umana, tanto giusta come la nostra, nessuno dei suddetti bambini verrà lasciato al fatto, e l’esperienza ci insegna che la stragrande maggioranza di quanti hanno frequentato le suddette scuole, sono oggi inseriti al lavoro oppure fanno altri studi e che sono in pochi coloro che non hanno potuto inserirsi nella produzione oppure nei servizi.

Dei 52.000 bambini affetti da minorazione psichica all’incirca 10.000 devono studiare in questo tipo di scuole; gli altri sono affetti da altri problemi che vanno dai disturbi della condotta fino agli ipovedenti e minorati auditivi o fisici.

Non vuol dire che la Rivoluzione si sia dimenticata di alcuni di questi bambini quando non c’erano abbastanza scuole. Ovviamente, abbiamo dato la priorità ai casi più numerosi, per esempio, quelli affetti da ritardo mentale; però, nel nostro paese —dobbiamo dirlo, e non so se capita lo stesso in altri paesi— i minorati fisici ricevono le lezioni a casa. Ed altra cosa che non so se esiste in altro paese: i bambini ricoverati a lungo negli ospedali ricevono le lezioni in essi. So che soltanto nella Città dell’Avana, centinaia di loro ricevono lezioni negli ospedali quando sono ricoverati a lungo. Non sono stati lasciati alla loro sorte ed i maestri continueranno a visitare gli ospedali in tali casi, ma adesso stiamo costruendo stabilimenti per i minorati fisici.

Se si fa un paragone tra la situazione attuale e quella esistente al momento del decesso di Camilo, si osserva un importante progresso perché - come ho già detto- all’epoca c’erano 134 bambini iscritti e oggi ne abbiamo 52.900. Tuttavia c’è ancora bisogno di più posti. Abbiamo capacità adatte per oltre 50% dei bambini che necessitano di tali istituzioni, ci mancano circa 30.000 – 35.000 posti, e nonostante i problemi, nonostante le difficoltà, nonostante la crisi nei paesi del Terzo Mondo, nonostante i problemi che vive il mondo, il nostro paese, in questo momento, tra i molteplici programmi, è immerso nella costruzione di 204 nuove scuole speciali, cifra che si stima necessaria per soddisfare a tutti i bisogni del paese.

Questo programma va avanti. Ormai ne sono inaugurate le prime; alla capitale ne mancavano 24 di cui 9 sono già inaugurate, ed i lavoratori della capitale fanno un grande sforzo perché il 31 dicembre siano già pronte le 24 scuole speciali.

Secondo il planning di questo anno, nel paese si devono costruire circa 40 scuole di questo tipo. Si avanza e abbiamo un programma concreto, sappiamo dove si devono costruire queste scuole speciali; però dobbiamo creare posti per 30.000 – 35.000 bambini. Agli inizi del programma mancavano circa 40.000 posti. Abbiamo già avanzato, tutto dipenderà del ritmo con cui si lavorerà; ma adesso, la capitale, che è stato il punto d’inizio del programma e dove i bisogni accumulatisi non erano in tanti, per il 31 dicembre ci saranno già pronte le 24 scuole mancanti (APPLAUSI).

Mi chiedo se c’è un’altra capitale al mondo che possa dire che possa vantarsi di avere tutte le scuole speciali di cui ha bisogno. Nei paesi del Terzo Mondo, neanche per sogno; laddove l’analfabetismo è del 30% - 70%, neanche per sogno! In quei paesi non hanno nemmeno raggiunto le mete che da molto tempo abbiamo raggiunto noi. Però, neppure nei paesi imperialisti sviluppati, neanche per sogno. Sappiamo come sono le cose nel mondo capitalistico, dove tali servizi sono soltanto a portata di un piccolo settore della popolazione, e nessuno ci pensa.

Non sono poche le cose di cui dispone adesso il nostro popolo e che non ci sono in nessun paese capitalista sviluppato. I nostri programmi sanitari ne sono un esempio. Il nostro tasso di mortalità infantile è al di sotto di quello di molti paesi capitalisti sviluppati. Alcuni dei programmi di salute di Cuba non esistono in altri paesi: i programmi di genetica prenatale destinato a tutte le donne gravide, i programmi di studio dell’allergia per i neonati; alcuni programmi di vaccinazione ormai generalizzati a tutti i bambini, di cui alcuni emanati dalle nostre ricerche scientifiche, sono in parte programmi che non esistono in nessun paese sviluppato, dove in linea di massima si applica solo a una parte dei bambini.

Questo è ovvio: la società capitalistica è sfruttatrice da natura, è egoista da natura, sfrutta da natura l’uomo e non si preoccupa di questi programmi.

La capitale della repubblica va dando regole in materia di salute pubblica, anche se non esibisce il tasso di mortalità infantile più basso. Attualmente Cienfuegos vanta un tasso di mortalità infantile di circa sei su mila nati vivi; Cienfuegos, una provincia del paese. Tale tasso è tra i più bassi al mondo. La nostra capitale ostenta circa 10 e Washington all’incirca 33, secondo le ultime informazioni, dunque la capitale dell’impero ricco e potente che ci sottopone ad un blocco, che non ci dà tregua, che fa l’impossibile per arginare il nostro progresso, la capitale di quel paese tanto ricco, sfruttatore del mondo, ha oggi tre volte più bambini morti su 1.000 nati vivi di quelli che muoiono alla capitale della Repubblica Socialista di Cuba (APPLAUSI).

Questo programma in materia di scuole speciali si è visto avanzare più rapidamente alla capitale. Deve avanzare anche più velocemente lungo il paese. Dappertutto si costruisce, in tutte le province. Ovviamente, anche a Santiago de Cuba; gli abitanti di Santiago hanno sempre dimostrato la loro capacità edile, in questo momento loro sono immersi in varie opere economiche, opere sociali, e opere attinenti il IV Congresso: aeroporto, hotel, teatro, piazza.

Ma non tutto il loro sforzo è consacrato a questo, soltanto una parte. Loro costruiscono anche scuole speciali. Questa è una delle province che ne ha ancora bisogno. Ci auguriamo che gli abitanti di Santiago possano trovare energie supplementari per attuare questo programma come si deve.

Se ne costruiamo 40 ogni anno, nell’arco di cinque anni avremmo compiuto l’intero programma. Vediamo a capo d’anno quante ne abbiamo e quale sarà il programma dell’anno venturo.

Ma mi chiedo: C’è qualche paese del Terzo Mondo che abbia un programma come questo? C’è qualcuno? C’è qualche paese capitalista che abbia un programma come questo? Nessuno, in nessuna parte. Mi chiedo: E ci sarà al mondo qualcosa più umana di questa, di questa che facciamo nei confronti di tutti i bambini del paese, e di ciò che facciamo nei confronti di tutti i cittadini del paese? Ci sarà qualche altra cosa più umana di quella di ridurre il tasso di mortalità infantile di 60, 70, 80 o di più, esibito da molti paesi, abbassandolo a 11 o meno? Finora gli indici sono all’incirca di 11, quasi un punto in meno nei confronti dell’anno scorso in cui si è raggiunto 11,9 su 1.000 nati vivi. Si dice che nell’America latina muoiono ogni anno a causa di malattie curabili o malattie che si potrebbero prevenire, tra 700.000 e 800.000 bambini che si avrebbero potuto salvare e che invece non hanno sopravvissuto. Queste sono cose che non succedono a Cuba.

Può l’impero ed il sistema causante quanto sopra parlare al mondo, davvero, dei diritti umani? Diritti umani in seno ad un sistema dove la stragrande maggioranza della popolazione non ha impiego, dove le donne se prostituiscono, dove i bambini sono lasciati a caso? Sono sconvolgenti le cifre dei bambini lasciati a caso nell’America latina, ci sono dei milioni, molti milioni. Come mai può questo sistema offrire speranze all’uomo? Come mai può questo sistema parlare di considerazione nei confronti dell’uomo?

E proprio per questo che siamo fiduciosi nel socialismo, e siamo tanto fiduciosi nel socialismo e nelle profonde convinzioni socialiste (APPLAUSI).

Nei giorni in cui ebbe luogo il decesso di Camilo, le campagne anticomuniste erano di molta attualità come arma, come strumento principale dell’imperialismo contro la Rivoluzione per seminare la diffidenza, per seminare la divisione ed il dubbio. E quanto successe a Camagüey fu risultato dei sentimenti anticomunisti e antisocialisti degli elementi ad origine borghese, o piccolo borghese, che ingaggiarono quella campagna perché quello era il loro pensiero dominante e cercarono di produrre una crepa nella Rivoluzione, una divisione nella Rivoluzione. Sono gli eventi di Camagüey che abbiamo evocato in questi giorni, quando un signore — il cui nome non vale la pena menzionare accanto ai nomi che dobbiamo menzionare in un giorno come quello di oggi, perché non vale la pena menzionare accanto al nome di Camilo quelli di tali personaggi, perché Camilo vale un milione di volte più di quello che valeva quel signore (APPLAUSI) —, la cui bandiera era semplicemente l’anticomunismo, in nome dell’anticomunismo cercò di promuovere la sedizione.

Non c’era alcuna possibilità di successo perché il popolo non si può ingannare tanto facilmente. Anche se qualcuno avesse potuto confondere allora a pochi che non erano abbastanza maturi, carenti di una sufficiente cultura ed educazione politiche; sarebbero stati schiacciati, ma forze si sarebbe versato del sangue in seno alla Rivoluzione.

In questi giorni si è evocata la marcia, assieme al popolo di Camagüey, di quel 21 ottobre. Perché il proposito non era quello di schiacciare per la forza; eravamo preparati per ridurre quella caserma in polvere, ma sarebbe stata dominata dalle masse, dal popolo. Sarebbe stato facile disporre di alcune unità munite dei mortai, bazooka e carri armati necessari per schiacciare quella caserma, ma l’idea fu quella di dominare i sediziosi dalla forza delle masse.

Quello fu uno dei giorni gloriosi di Camilo, si dimostrò ancora una volta ciò che era Camilo. La storia è stata raccontata da qualche parte —ho letto alcune riflessioni e alcuni dati—, io gli ricordo molto bene.

La controffensiva rivoluzionaria cominciò per via telefonica con il compagno Jorge Enrique Mendoza, che era a Camagüey; al quale demmo istruzione d’impadronirsi di una delle stazioni radio e cominciare la denuncia, con l’appoggio di un battaglione ribelle che era nelle periferie della città. Così l’hanno fatto. Volevamo vedere la reazione dei cospiratori, se si lanciavano a riprendere o meno la stazione. Infatti cominciarono a scoraggiarsi.

Noi siamo arrivati di mattina, non so se fu un aereo o due — dobbiamo chiedere ad alcuni dei testimoni di quel episodio per ricostruirlo tale quale. Non ricordo se Camilo arrivò prima di me, oppure se fu io ad arrivare alcuni minuti prima di Camilo, non ricordo se furono due aerei o tre; però, subito dopo aver ricevuto le notizie sulla sedizione della sera precedente, la stazione radio informò alla popolazione di Camagüey sul tradimento di quel signore, ed il popolo era preparato e unito per fronteggiarlo.

Appena arrivati in città si radunò un’enorme moltitudine, e tutti insieme siamo andati verso la caserma, eravamo assieme al popolo. Quel raduno non avrebbe avuto alcun senso se i cospiratori sarebbero stati dominati, oppure se fossero stati già schiacciati. Il popolo di Camagüey avanzava disarmato verso la caserma.

Quale fu la prodezza di Camilo? Camilo si allontanò di noi non so come — si dovranno ricostruire tutti i particolari, ci devono essere compagni ancora in vita che gli ricorderanno—, se ne andò verso la caserma, entrò nella caserma e disarmò i cospiratori, gli assoggettò; entrò assieme a un pugno di persone e con la sua autorità, con la sua etica, con la sua presenza, con il suo coraggio, gli piegò. Non fu necessario l’arrivo del popolo in caserma (APPLAUSI).

Ma dov’è il suo senso della responsabilità, dov’è la prova dei suoi sentimenti, dov’è il merito di tutto quello? Lui pensò, così come potevamo pensare noi, che ci sarebbero stati molti morti, che forze si sarebbe prodotta una crudele sparatoria. Chi poteva garantire cento per cento che si sarebbero reso? E la nostra idea era quella di impadronirci della caserma con le masse, per insegnare ai traditori una volta per tutte ciò che significa mettersi davanti agli interessi del popolo, costi quello che costi (APPLAUSI).

Può darsi che non capitasse nulla, può darsi che i cospiratori non avessero osato sparare contro il popolo, ma forse l’azione di Camilo salvò molte vite; perché avrebbe potuto capitare qualsiasi altra cosa, e lui si è fatto avanti per evitare una situazione e un pericolo di questo tipo. E’ una prova della sua fiducia in sé stesso, del suo eroismo, del suo coraggio e della sua capacità d’agire, in modo eccezionale, in certe circostanze.

Ma ciò di cui si avvaleva quel gruppo e il loro capo, ciò che brandiva, era la bandiera dell’anticomunismo. Per tale motivo hanno un profondo significato quelle parole di Camilo che ascoltiamo in questo giorno, quando recito i versi di Bonifacio Byrne dove dice che questa Rivoluzione deve andare fino alla fine.

Cosa vuol dire Camilo quando disse, appena schiacciato lo scoppio sedizioso anticomunista, che questa Rivoluzione doveva andare fino alla fine? La fine era il socialismo e il comunismo, ciò che ci proponiamo di raggiungere! (APPLAUSI PROLUNGATI)

Camilo era molto chiaro sul significato di rivoluzione: non per niente aveva precedenti rivoluzionari nella sua famiglia, non per niente fu lavoratore umile, non per niente bevve dalla culla le idee rivoluzionarie, non per niente aveva una tremenda grinta rivoluzionaria, non per niente aveva un grande spirito rivoluzionario.

Adesso è facile dire questo; però occorre valutare ciò che esso significava a quell’epoca, dove c’erano tanti pregiudizi nel nostro paese, al punto che si potevano votare tantissime leggi rivoluzionarie che il popolo applaudiva ma non si poteva nemmeno menzionare la parola socialismo.

Camilo muore nel 1959, e il 16 aprile 1961 si dichiara il carattere socialista della Rivoluzione davanti al popolo armato. E fu il popolo armato chi sollevò i fusili appoggiando con tutte le sue forze l’idea della Rivoluzione socialista, qualora erano già superati molti ostacoli e si era formata una coscienza rivoluzionaria più matura, quando non era soltanto l’entusiasmo e il ribellismo, quando non era soltanto l’odio alla tirannia, ma qualcosa in più: un grande obiettivo storico. E già alla Baia dei Porci, i nostri uomini e donne combatterono per il socialismo; già alla Baia dei Porci versarono il loro sangue per il socialismo. Circa un anno e mezzo era trascorso dopo la morte di Camilo e non potevamo più contare sulla sua presenza fisica. E’ utile ricordare tutto questo.

In quei giorni amari il nemico si accanì con ogni tipo di calunnia, facendo capire che Camilo era stato assassinato, che Camilo era scomparso a causa di problemi e di rivalità; loro hanno perfino detto che era perché Camilo era contrario alla linea della Rivoluzione, ogni tipo di infamie. Sono stati molto amari quei giorni, il nemico non ha perso nessuna opportunità – come al solito — di seminare veleno ed ogni tipo di zizzania.

L’hanno ripetuto ancora una volta con il Che. Quando il Che è stato molto tempo assente e che per la sua sicurezza e per proteggere il suo segreto, i suoi piani, le sue intensioni, non si poteva diffondere la lettera che scrisse prima della sua partenza, abbiamo dovuto tollerare ugualmente un diluvio di ogni tipo di calunnie.

Quello l’hanno anche fatto durante i tristi giorni della scomparsa di Camilo, quando l’aereo non è arrivato a destinazione, favorendo una terribile costernazione, un insuperabile dolore al petto di noi tutti che ci siamo immersi nella sua ricerca per circa una settimana, con la speranza di trovarlo su un isolotto, un luogo solitario, in qualche punto.

Giova ricordare questi fatti perché la causa diretta di quel incidente fu proprio il problema insorto a Camagüey cagionato dagli elementi anticomunisti. In quelle circostanze, Camilo, dalle sue responsabilità, ebbe dovuto spostarsi varie volte a quella provincia; audace che era, non rispettava né giorno né notte, né il tempo che faceva e partì verso la capitale in un piccolo aereo. Perché in quell’epoca non avevamo esperienza, non avevamo aerei sicuri, non avevamo nulla, e così alcuni compagni hanno perso la loro vita perché c’è stato più di un incidente aereo; per miracolo non sono stati più numerosi quelli morti in questo modo durante i primi anni della Rivoluzione!

Riprende tutto il suo significato la storia di Camilo, non soltanto per ciò che ha fatto, non soltanto per le sue prodezze eroiche, ma anche per le sue idee, per i suoi concetti, per i suoi propositi profondamente rivoluzionari. Anche per quello dicevo che un giorno come quello di oggi Camilo sarebbe stato molto felice, e se fosse necessario ingaggiare la lotta, sarebbe ancora più felice; se ci fossero delle difficoltà, sarebbe ancora più felice; se ci fossero ingiustizie da rimediare, sarebbe ancora più felice; e se si serba in tutta la sua vitalità la lotta eroica e storica del nostro popolo contro l’imperio, più felice sarebbe Camilo!

La strada del nostro popolo, la marcia ferma del nostro popolo, senza arrendersi né esitare, i risultati raggiuntisi in mezzo alle aggressioni ed il blocco, le prospettive avvenire, sono certo che avrebbero incoraggiato straordinariamente Camilo.

Oggi, nell’evocarlo con tanto amore, occorre tenere presente questo: scomparve precocemente, quanto non avrebbe fatto nell’arco di questi anni! Ma quello che importa è che quelle cose per le quali lui lottò con passione e per le quali diede la sua vita, siano in corso o già fatte, e che questo popolo sia lo stesso al quale lui parlò all’ex Palacio, quando disse che la fronte non si chinerà, se non davanti ai morti, per dire loro un giorno che la Rivoluzione è stata fatta.

Oggi possiamo dire che ci chineremo davanti ai morti per dire loro che la Rivoluzione è stata fatta, ma al tempo stesso dovremmo continuare appellando ai morti! (APPLAUSI) Potremmo inginocchiarci davanti ai 20.000 morti di cui parlò Camilo, che diedero la loro vita per la Rivoluzione, ai quali si dovrebbe aggiungere le migliaia di morti che diedero la loro vita per consolidare la Rivoluzione, lottando contro i banditi, lottando contro i terroristi, lottando contro i mercenari e quelli morti in adempimento delle gloriose missioni internazionalisti! (APPLAUSI PROLUNGATI)

Camilo sarebbe stato molto fiero partecipando e dirigendo qualsiasi di queste incarichi! lui che disse che tutti i rivoluzionari, ovunque fossero, erano i suoi fratelli.

Ma dicevo che non soltanto potremmo inginocchiarci davanti ai nostri morti per dire loro che la Rivoluzione è stata fatta, ma che continuiamo appellando ai nostri morti perché ci accompagnino in questa lotta che non è ancora finita, per difendere ciò che è stato ormai fatto, perché i nuovi obiettivi della Rivoluzione si realizzino nelle battaglie che ha ancora davanti a sé la Rivoluzione (APPLAUSI); perché i morti — e quello lo vide Camilo e lo disse con quelle belle parole— ci accompagnano.

Per tale motivo oggi ho parlato della morte fisica, che è una cosa, ed è ben un’altra la presenza dell’esempio, dell’ispirazione, dei valori morali ereditati da uomini come Camilo e Che! (APPLAUSI)

Per tale motivo lui disse e ripeté quella idea di Byrne: Che i nostri morti, alzando le braccia, sapranno difendere ancora patria! E nella tappa in cui viviamo, nel consolidamento di ciò che si è fatto e nel compito che dobbiamo ancora fare, i nostri morti, alzando le braccia, continueranno lottando e difendendo la patria! (APPLAUSI)

Oggi, con l’inaugurazione di questa scuola, non soltanto si rende omaggio a Camilo in questo quartiere operaio dove nacque; oggi si rese omaggio a Camilo lungo il paese; oggi si inaugurò un bel monumento alla sua memoria a Yaguajay. Ieri si inaugurarono più di 10 istituzioni: nidi, scuole, ambulatori specialistici, nella provincia di Santiago de Cuba. Ovunque si è reso omaggio a lui, ovunque si sono deposti fiori alla sua memoria.

Oggi, alla nostra capitale, non soltanto si è inaugurata questa scuola, si è inaugurata anche una bella facoltà di medicina (APPLAUSI). Ci sono presenti alcuni dei giovani - quelli che hanno potuto venire- che studiano nella suddetta facoltà che porta il nome di "Julio Trigo", laddove si è costruito un complesso ospedaliero che comprende l’ospedale pediatrico "Aballí”, l’ospedale generale "JuIio Trigo", la maternità "Lebredo" - anche essa fa parte del sopraccitato complesso ospedaliero e dell’ospedale "Julio Trigo". Nel sopraindicato complesso ci sono decine e decine di ambulatori del medico di famiglia, numerosi ambulatori specialistici, tutto questo in uno dei comuni più poveri della capitale: Arroyo Naranjo.

Cosa era Arroyo Naranjo? Cosa era? Una zona suburbana dove vivevano le persone più povere della capitale. Si dice che Arroyo Naranjo forniva i lavoratori edili a questa città, case per qualunque, tranne per loro: case per i ricchi, i borghesi, palazzine e loro vivendo nei quartieri malsani.

Questo comune ha circa 200.000 abitanti e in poco tempo ci abbiamo costruito l’ospedale generale, la maternità, gli ambulatori del medico di famiglia, la facoltà di medicina all’ospedale "Julio Trigo", inaugurata oggi, un’ottima struttura in questo comune, che era, possiamo dire, la cenerentola, e che apporta non soltanto il proprio sforzo edile ma che ha messo anche a disposizione della “microbrigada” (piccoli gruppi di costruttori edili) un importante numero di lavoratori. Attualmente è il primo comune che ha intrapreso la lotta contro i quartieri malsani, e ce n’erano alcuni.

Ma in questi giorni ho visto opere in questo comune che avrebbero entusiasmato Camilo; ad esempio il primo villaggio creato dalle microbrigada. Arroyo Naranjo è stato tra i primi ad organizzare queste microbrigada per divellere i quartieri malsani, loro hanno oramai costruito centinaia di alloggi, ed in quella zona suburbana i bisogni di alloggi erano molti.

Ci sono nati leader del popolo, uomini e donne che guidano la comunità in questa opera rivoluzionaria. Di recente ho visitato i cantieri, e vi darò un esempio: microbrigada di Las Guásimas, che comprende persone provenienti da diversi luoghi malsani. Alcuni di loro sono lavoratori svincolati dai loro stabilimenti di lavoro perché possano lavorare da costruttori nello sradicamento dei suddetti quartieri; in essi ci sono anche delle casalinghe, dei giovani senza rapporto di lavoro, ed a Las Guásimas la microbrigada è di circa 700 persone. Adesso non è più una microbrigada, ma teniamo il nome per distinguerla dai due tipi di organizzazioni edili.

Ma c’è un fatto meraviglioso. Loro percepiscono il loro salario come addetti alla microbrigada: quello dello stabilimento di lavoro; oppure gli si paga un salario se prima non avevano un impiego, come costruttori, pari ad ore 10 di lavoro. Loro costruiscono i propri alloggi, scuole, nidi, industrie di materiali, ambulatori del medico di famiglia, negozi, ecc. Lavorano ore 14 al giorno. Avrebbe piaciuto o no a Camilo vedere il suo popolo compiendo tale prodezza; vedere i suoi compatrioti, che vivono in quei luoghi, organizzati, costruendo alloggi moderni? Gli avrebbe piaciuto o no sapere che lavorano ore 14? Le avrebbe piaciuto o no sapere che l’assenteismo è di 0,2%? Parliamo dell’assenteismo non giustificato, che non include malattia, ciò vuol dire che su 500 lavoratori 1 manca al lavoro, qualcosa che sembra un miracolo, qualcosa che sembra impossibile, qualcosa che sembra irraggiungibile.

Uno o due giorni dopo ho partecipato, assieme alla popolazione di un altro quartiere "noto" di Arroyo Naranjo -anche esso in trasformazione- La Güinera, ad uno spettacolo culturale di alta qualità dove partecipavano addetti alla microbrigada assieme ai nostri migliori artisti, intanto gli altri seguivano in silenzio lo spettacolo, con un’attenzione paragonabile a quella vostra, e lo spettacolo avveniva ad una piazza circondata di edifici costruiti da loro. Quel popolo, quel popolo umile sta compiendo vere prodezze finalizzate a trasformare la capitale, al tempo che trasforma se stessi, perché addirittura al refettorio, hanno una piccola tavola dove insegnano buone maniere a tavola ai costruttori.

In questi giorni ho visto anche altre cose. Volevo sapere come stava andando l’industria dei materiali edili, sapendo quanto ci limita la disponibilità tremenda di forze, e ho avuto una grande soddisfazione nel vedere il primo collettivo industriale trasformato in contingente. Sono gli operai di una fabbrica, od impianto dell’industria di materiali, un impianto nuovo, di cui abbiamo costruito alcuni, e quasi tutti sono sul punto di essere inaugurati. Però, queste sono cose serie, impressionanti. L’impianto di cui parlo ha quattro linee per la produzione di blocchi in calcestruzzo, una fabbrica per la produzione di travicelli, che sono dei trave —come indica il suo nome— più piccole, ma molto pratiche, che si usano con grande produttività nella costruzione di pavimenti, assieme ai mattoni in calcestruzzo. Loro hanno quattro linee di produzione di blocchi, di cui una produce i blocchi in calcestruzzo; una quinta linea di produzione di travicelli; una linea di terrazzo, dove si producono materiali per scale dei bei colori — forse questa scuola gli avrebbe avuto uguali se non fosse stata costruita prima dell’entrata in funzione del suddetto impianto—, ed una settima linea che è quella per la produzione di piastrelle. Sette linee.

E loro, partendo dall’esempio del contingente "Blas Roca" — e non persone scelte, ma persone della zona, quasi tutti dei vicini del quartiere di San Miguel del Padrón; infatti, molti di loro proveniente dalla regione orientale, io riesco ad individuarli dalla loro fisonomia e dal loro sguardo, oppure discendenti da originari della regione orientale che si sistemarono a Arroyo Naranjo, San Miguel del Padrón, ecc—, si sono proposti di fare prodezze di lavoro simili.

Io, infatti, che non avevo un’idea delle capacità di lavoro di quelli che vengono dalla regione orientale, perché essendo una zona dove c’è molto sole e più caldo, ci si ha la tenenza a pensare che i suoi abitanti preferiscono cercare l’ombra degli alberi; però il vero è che loro hanno deciso di lavorare ore 14, quasi doppio turno. Gli abbiamo visti, gli abbiamo parlato. E questa è’ stata una loro iniziativa. La stragrande maggioranza sono dei giovani.

Tuttavia non hanno l’approvvigionamento di cui dispongono i contingenti, loro sono piuttosto aspiranti a contingente; non hanno ancora vestiti adeguati al lavoro che svolgono, né scarpe adeguati, né l’assistenza che viene fornita ai contingenti. Loro hanno una grande produttività nel lavoro. I direttori della fabbrica mi hanno spiegato che loro, in un turno, producono più di quello che producono in due turni molte fabbriche. Ovviamente, si tratta di una fabbrica moderna, con molta attrezzatura automatica; comunque, è impressionante tale attitudine, tale iniziativa e tale produttività.

In questi giorni ho deciso di visitare le nuove industrie, quelle già pronte e quelle in cantiere, destinate alla produzione di materiale edile. Per farvi un’idea: la capacità al momento della rinascita del movimento di microbrigada era di 11 milioni di blocchi. La produzione di questo anno sarà all’incirca di 25 milioni; e dopo il 26 luglio dell’anno venturo, quando saranno in funzionamento sei linee in più, avremo una capacità reale, non teorica ma reale, di produrre 55 milioni di blocchi annui (APPLAUSI). Cinquantacinque milioni di blocchi! Fabbricati in macchine moderne. Dal 1987, data in cui abbiamo avviato con forza il movimento di microbrigada, fino al 1990 - in tre anni- la produzione di blocchi avrà un aumento in cinque volte; ci saranno blocchi per fare i muri di decine di alloggi.

E non solo. La fabbrica di piastrelle di San José, la cui produzione è di 50 milioni, l’anno venturo avrà una capacità di produzione di 150 milioni di piastrelle. Ci sono otto impianti simili per la produzione di blocchi, blocchi in calcestruzzo, travelli, terrazo e piastrelle —non l’avevo detto. Queste fabbriche di piastrelle non sono tanto moderne, sono state fatte da noi, però sono produttive; il lavoro è duro dunque dobbiamo umanizzarlo e modernizzarlo. In questo momento alcune sono in cantiere ma quando saranno pronte produrranno piastrelle per il pavimento di decine di migliaia di alloggi l’anno.

Si ha lavorato anche con la pietra, la sabbia, e si fanno investimenti nella produzione di tubi sanitari in ferro e in plastica, finestre in alluminio e carpenteria in legno, fabbriche di cemento pozzolanico, che forse l’hanno utilizzato in questa scuola. Adesso, nelle nostre fabbriche di piastrelle e di cemento pozzolanico, si comincia a utilizzare il cemento pozzolanico cubano della nuova fabbrica, della capienza di 100.000 tonnellate, sita a Sancti Spiritus, che ci consentirà di avere tutto il materiale necessario per tinteggiare centinaia di migliaia di alloggi annui, al di là dello sforzo che realizza l’industria di base per produrre vernici con la nostra materia prima.

Come ho già detto, ho visitato vari di questi impianti di cui alcuni in produzione e altri in cantiere, e c’era molto entusiasmo tra i lavoratori; ma vogliono, soprattutto, diventare contingenti industriali. E quest’industria si confà; non tutte le industrie si confanno ugualmente. In quella che produce piastrelle bisognerebbe pensarci, per il peso degli stampi che si usano nella produzione delle piastrelle; stiamo pensando come alleggerirgli usando materiali più leggeri dell’acciaio. Cioè, non è tanto facile attuare un sistema, un piano, un programma, uno spirito di contingente in tutte le fabbriche nello stesso modo, perché tutte non sono uguali, ed è molto più difficile in una fabbrica a produzione continuata; ma in questo tipo d’industria sono molto validi, risparmiano molto in trasporto, nei refettori, in approvvigionamento perché questi operai hanno deciso di produrre l’equivalente a due turni, e lo decidono in modo spontaneo, ispirati all’esempio dei contingenti edili già in funzione.

Mi dicevo: Quanto avrebbe amato Camilo vedere questa gioventù nata dalla Rivoluzione! Perché alcuni s’impuntano sui problema di alcuni traviati, ma si potrebbe avere una società senza traviati? Sarebbe un sogno, soprattutto se pensiamo che decine di migliaia di bambini avevano bisogno di scuole speciali, e quelle scuole non esistevano.

Cosa succedeva con un ragazzo che per una qualsiasi causa abbandonava la scuola e si dedicava a gironzolare; che fine avrebbe fatto?

Adesso stiamo costruendo queste scuole; se non se ne costruiscono, le società che non costruiscono questo tipo di scuola dovranno costruire carceri per queste creature, che non hanno altra via d’uscita se non quella di diventare antisociali, delinquenti o di cercare alcuna forma disperata di vivere.

Non dobbiamo illuderci. Se la Rivoluzione comincia nel 1959, quante generazioni di cittadini in questo paese hanno avuto bisogno di questo tipo di scuola e non l’hanno avuta? Abbiamo traviati, lumpenproletariat, lo sappiamo; alcuni che hanno studiato, che sono confusi e si lasciano trascinare da certe teorie e balle, quello esiste, quello è un altro tipo di traviamento.

Però, infatti, quello che vediamo è una grande massa della nostra gioventù, dappertutto, e questo è incoraggiante. Siamo convinti che con una direzione sempre più attiva potranno arrivare molto lontano.

Noi eravamo felici di vedere lo sforzo di quei lavoratori. E, ad esempio, vorrei sapere se nel secondo semestre del 1989, le microbrigada provenienti da luoghi di lavoro, le microbrigada sociali dell’edilizia, le microbrigada sociali di manutenzione, le microbrigada industriali e di costruttori, saranno sufficienti per sistemare tutti i blocchi prodotti dai suddetti impianti, e tutti i mattoni, perché non avevo parlato delle fabbriche di mattoni, tra cui una moderna, la cui capienza di produzione è di 30 milioni di mattoni annui, che è sul punto di essere finita.

Dicevo: finora abbiamo sofferto tutti i giorni perché non c’erano sufficienti materiali, e mi chiedo: Potranno i costruttori, potranno i lavoratori delle microbrigada elaborare e sistemare tutto il materiale prodotto da quelle fabbriche, e dalle nostre fabbriche di tondini e cemento, tenendo conto della ricostruzione che si attuerà alla fabbrica di Mariel? E’ piacevole pensare che per quella data, l’anno prossimo, L’Avana può essere un formicolare costruttivo; e non perché non sia già un formicolaio costruttivo ma lo sarà ancora di più, perché i costruttori hanno deciso perfino concludere molte di quelle linee nuove per il prossimo 26 luglio.

In quel semestre, dal settembre, faccendo il calcolo dei materiali di cui disporremmo, penso che avremmo un importante rinforzo in questa bella battaglia finalizzata ad trasformare la capitale e il paese, perché ciò che si fa alla capitale si fa anche lungo il paese.

Credo che oggi c’è una nuova generazione che fa onore, come si deve, alla memoria di Camilo.

Ci pensavo anche durante l’inaugurazione della facoltà di medicina. Ho incontrato professori e allievi e gli ho chiesto sulla qualità dei fabbricati, loro hanno due piccoli teatri ed un altro grande della capienza di 400 persone, raffinatamente costruito, che sarà dotato di aria condizionata; ci sono aree sportive, palestra, laboratori moderni, professori di provata esperienza.

Oggi ho incontrato decine di studenti e posso assicurarvi che questo incontro è molto incoraggiante perché abbiamo potuto costatare ciò che è oggi la nostra gioventù.

Dov’è questa facoltà di medicina? A Arroyo Naranjo. Come dicevo, prima ce n’era soltanto una alla collina universitaria della capitale; oggi ce ne sono più di 20. Il giorno del decesso di Camilo, penso che ce n’era solo una, oggi ce ne sono più di 20, non meno di una per ogni provincia e alla capitale ce ne sono 8, se non sbaglio, contando le nuove che abbiamo inaugurato.

Prima c’era alla collina per coloro che avevano la fortuna di concludere il liceo, di trovare una pensione — non c’erano le borse di studio— se era di provincia; si laureavano pochi medici. Attualmente ci sono più di 25.000 studenti nelle facoltà di medicina, che comprende anche stomatologia e la laurea in infermieristica (APPLAUSI).

Ottima impressione! Tutto ciò significa molte cose. Entro in una classe, c’è un professore della disciplina che adesso si chiama Imaging — e non più radio per immagini —, e tutti gli allievi avevano davanti a sé uno schermo illuminante come medio ausiliare della formazione. Parlando con loro ho visto alcuni che sembravano latinoamericani, perché si scopre prima un peruviano o un boliviano di uno che viene della regione orientale del paese: Quanti studenti stranieri ci sono? E guardate la nobiltà, lo spirito solidale del nostro popolo: in questa facoltà studiano 80 giovani stranieri, circa il 10%, se non sbaglio; ci ho visto allievi da diverse nazionalità: latinoamericani, siriani, sudanesi, della Guinea Bissau. Guardate che nobile mansione! E mi chiedo: Avrebbe piaciuto o no a Camilo vedere questo simbolo d’internazionalismo e di spirito rivoluzionario nel nostro popolo, e di trovare, soltanto in questa facoltà, 80 studenti stranieri? (APPLAUSI)

Questo richiama l’attenzione, però c’è di più. Chiedo: Quanti studenti di medicina ci sono a Arroyo Naranjo? E mi hanno detto: "Due su tre sono di Arroyo Naranjo." Due su tre sono figli di lavoratori e dei vicini di Arroyo Naranjo. E’ o non è un salto da gigante vederci i figli dei vicini, dei residenti a Arroyo Naranjo? Frequentano la facoltà al loro comune, loro non devono recarsi a la Escalinata. Gli chiedo: Quanto distante sono le vostre case? "Vicino, una, due o tre fermate del pullman." Dico: Fermate quanto lunghe, 500 m o 1.000 m? "Vicino, vicino." Professori universitari originari di Arroyo Naranjo, impiegati, tecnici; tutto questo è, infatti, un simbolo in questo giorno.

Quanto lontani eravamo di sognare queste cose 30 anni fa! Sognavamo, certamente, ma da molto lontano.

Richiama l’attenzione la salute di quei giovani, è ammirevole, sono cresciuti, certamente, con un’ottima salute. La freschezza, il talento, la consacrazione allo studio, sono cose sempre più comuni.

Credo che questa sarà un’importante facoltà, certamente. Ho controllato alcuni quaderni e dagli appunti ho capito che studiavano dal vero. Hanno tutti i mezzi. E’ molto soddisfacente sapere che la nostra gioventù ha tutte queste possibilità.

Un fatto curioso: la stragrande maggioranza degli studenti di medicina sono donne. Che ne pensate? E’ un’alta proporzione, gli studenti sono donne. Una prova del cambiamento tremendo del nostro paese, tra passato e presente, tra capitalismo e socialismo.

C’è anche un’altra cosa interessante e incoraggiante, alla scuola ci sono non solo gli studenti di medicina e di stomatologia, ci sono anche quelli della laurea in infermieristica, una nuova specialità creata dalla Rivoluzione. C’erano presenti i due gruppi: gli studenti di medicina, con le camice bianche, gli studenti della laurea in infermieristica con la camice blu, scambiando già tra dall’università.

Pensate ciò che significa che nel futuro i nostri servizi medici saranno accuditi da medici delle varie specialità, tra cui, medici generali integrali, e infermiere laureate all’università (APPLAUSI); dunque tutte le nostre fabbriche, scuole, nidi e tutte le nostre comunità saranno coperte, nel futuro non lontano, da medici e infermiere di famiglia. Ovviamente, questo è un passo in avanti importante, comunque cerco sempre di esaminare questo problema realisticamente.

Dico: In quale altro paese del mondo capita una cosa del genere? Abbiamo un popolo unito, attivo, consacrato all’incarico di fare fronte ai problemi, interamente consacrato ad accompagnare il Partito e la Rivoluzione.

Non ci sono molti luoghi al mondo, compagne e compagni, e voi lo sapete, dove ci siano queste cose, perché conoscete affatto che viviamo in un mondo dove capitano parecchie cose strane, parecchie cose complesse e parecchie cose incomprensibili.

Dunque oggi, in questo 28, ed evocando le parole di Camilo, dobbiamo dirci: Occorre trincerarsi nella linea rivoluzionaria. Dobbiamo trincerarci nella nostra linea di principi, dobbiamo trincerarsi nelle nostre solide e ferme convinzioni, dobbiamo trincerarci nelle idee del marxismo-leninismo più che mai, dobbiamo trincerarci nelle idee del socialismo e del comunismo più che mai (APPLAUSI).

Nessuno potrà ingannare il nostro popolo, nessuno potrà confonderlo.

Vedo in fondo delle bandiere rosse, e oggi, in occasione del XXX anniversario della morte di Camilo, di quel Camilo che disse che il nostro popolo non si sarebbe mai arreso, vi dico che le bandiere rosse della Rivoluzione non si ammaineranno mai dalle aste, che le bandiere rosse della Rivoluzione non saranno mai sostituite dalle bandiere bianche e gialle della controrivoluzione (APPLAUSI PROLUNGATI E ESCLAMAZIONI DI: "Fidel, Fidel!").

Noi non rinnegheremo mai del dignitoso titolo di socialista e di comunisti (APPLAUSI). Il nostro glorioso Partito, quel Partito dei 20.000 morti di cui parlò Camilo e di coloro che sono morti dopo in difesa dei principi, in difesa della patria, in difesa dell’internazionalismo, quel glorioso Partito si chiamerà sempre Partito Comunista di Cuba (APLAUSI E ESCLAMAZIONI).

Questa Rivoluzione non rinuncerà a quella gloriosa definizione davanti alla tomba dei primi caduti nella lotta contro i mercenari alla Baia dei Porci; non rinuncerà alla sua storica e gloriosa definizione di Rivoluzione Socialista di Cuba. E se un giorno dovessimo cambiare il nome, sarebbe per quello di Rivoluzione Comunista di Cuba (APPLAUSI).

Viviamo, è vero, un’epoca incredibile.

Cosa avrebbe detto Camilo se all’improvviso leggesse la notizia che dagli Stati Uniti ci dicono come applicare le misure per essere considerati buoni rivoluzionari, buoni socialisti e buoni comunisti? Quali riforme borghese e capitaliste dobbiamo applicare per essere considerati buoni rivoluzionari, buoni socialisti, buoni comunisti; perché adesso ci sono due tipi di rivoluzionari: i buoni ed i cattivi, secondo la definizione dell’imperialismo. E per noi è un grande onore di far parte dei cattivi (RISATE). Siamo cattivi perché siamo impenitenti, perché non facciamo ciò che ci detta l’imperialismo, perché non ci dilettiamo né giochiamo di capitalismo in questo paese, perché abbiamo già visto e vissuto alcune delle conseguenze di tali giochi, e non ci meravigliamo di nulla e abbiamo ormai lasciato in dietro quelle velleità, e abbiamo convinzioni più ferme, più solide che mai; siamo più convinti che mai di ciò che può fare il socialismo. Non c’è nessuna società simile nella storia; siamo più convinti che mai che non si può andare in dietro nemmeno un millimetro; siamo più convinti che mai che ciò che si deve fare in tali circostanze è di andare avanti. Occorre fare ciò che ha fatto Camilo alla caserma di Camagüey: farsi in capo; e forse ci stiamo già facendo in capo, o forse i tempi vogliono andare in dietro e noi, non vogliamo andare in dietro.

Viviamo un’epoca bizzarra. Bisogna leggere il giornale borghese, le sue notizie, i suoi discorsi euforici sulla fine del socialismo, che fu un sogno, un’illusione, che gli uomini devono ritornare alla vergogna e alla repugnanza del capitalismo.

Perfino nel linguaggio. Oggi ai sostenitori delle riforme capitaliste gli chiamano progressisti; ecco il linguaggio che si usa nelle notizie internazionali; bisogna usare una parola nuova così come è stato fatto per parlare della radiografia. Dico che le informazioni internazionali, monopolizzate in grande misura dalle media imperialiste e capitaliste, usano sottilmente un linguaggio equivoco con i difensori del marxismo-leninismo: ai difensori del socialismo, ai difensori del comunismo, a coloro che non si arrendono, a coloro che sono fermi, a coloro che non vengono a meno nelle loro idee, a coloro che credono alle loro idee, alla gente più avanzata e progressista del mondo; a coloro che non si piegano di fronte al ricatto imperialista, a coloro che non si piegano davanti all’ideologia imperialista, a coloro che non si piegano davanti all’assillo imperialista, gli chiamano rigidi. Evviva la rigidezza! (ESCLAMAZIONI DI: "Evviva!") Evviva la rigidezza quando si tratta di difendere i principi rivoluzionari e non la flessibilità che si piega alle idee ed ai dettati dell’imperialismo! (APPLAUSI)

Li chiamano diversamente: conservatori, ortodossi. Guardate che modo di falsare e di giocare con le parole.

Da quando il capitalismo è stato progressista? Da quando lo sfruttamento dell’uomo per l’uomo è stato progressista? Da quando quella schifezza è stata progressista? Come disse Marx: Quando non ci sarà più sfruttamento dell’uomo per l’uomo, quando non ci sarà più proprietà capitalista sui mezzi di produzione, l’umanità avrà uscito dalla preistoria, cioè, entrerà nella storia. E noi siamo entrati nella storia.

Se altri vogliono ritornare alla preistoria, è questione loro, possono andarci e rinfrescarsi un po’ da quella parte, così ritorneranno forse con più forza, perché non hanno idea di ciò che gli aspetta. Quello capita con alcuni che non hanno la più pallida idea del capitalismo, nessuna idea! Noi siamo arrivati alla storia e non indietreggeremo mai alla preistoria, non ci lasceremo più confondere.

Se pensano che il socialismo è cosa del passato; se pensano che il capitalismo è il futuro, allora ci saranno i comunisti a difendere le loro idee, ci saranno i comunisti a difendere la loro nobile, giusta e umana causa.

Tutto quanto detto oggi sarebbe stato impossibile di sognare nel capitalismo. Abbiamo vissuto tali realtà del socialismo al di là delle nostre difficoltà, al di là dei nostri problemi; perché il socialismo non ha inventato il sottosviluppo, il socialismo non ha inventato il colonialismo, il socialismo non ha inventato il neocolonialismo, che è ciò che patisce oggi la stragrande maggioranza del mondo; il socialismo non ha inventato lo scambio disuguale; il socialismo non ha inventato la fame di migliaia di milioni di essere umani in tutti i continenti; quello è stato inventato dal capitalismo, e quello è frutto del capitalismo. E tutti i problemi del mondo di oggi, la corsa agli armamento, il pericolo nucleare, l’inquinamento dell’ambiente, l’avvelenamento dell’aria, dei fiumi, dei mari, è frutto del caos, dell’anarchia, dello sfruttamento e dell’irresponsabilità del capitalismo.

I socialisti lottiamo contro tali problemi: contro il neocolonialismo, contro il sottosviluppo, contro la povertà, contro lo scambio disuguale, contro lo sfruttamento al quale sottopongono ai nostri popoli i paesi capitalisti sviluppati; non abbiamo inventato la povertà e lottiamo con tutte le nostre forze contro di essa, e siamo capaci di fare miracoli come quelli di oggi, sforzi come quelli che fa oggi il nostro popolo con pochi risorse, con pochi soldi. Sì, stiamo imparando dal vero a fare meglio le cose, stiamo imparando a risparmiare. Prima si usava 1 m3 di legno per fare 20 m3 di calcestruzzo e oggi ne facciamo 50, e stiamo lottando per arrivare a 100. Prima si usavano 700 kg di cemento al m3 di calcestruzzo e oggi ne usiamo meno di 450.

Stiamo imparando a fare le cose, non si tratta più di segare il legno, togliere, buttare via o spostarlo; stiamo facendo stampe, stiamo applicando le tecniche, e con le stesse risorse stiamo triplicando le possibilità.

Mi chiedo in quale altro paese fanno ciò che stiamo facendo noi attualmente. Ed un programma di 204 scuole speciali per avere 100% dei bambini nelle scuole speciali, dove lo stanno facendo? E gli sforzi che stiamo facendo, non soltanto in questo settore, ma in tutti, con particolare riguardo nell’agricoltura, nella produzione alimentare, dove si lavora intensamente, nello sviluppo industriale alla nostra portata, nello sviluppo scientifico.

Coloro che conoscono la realtà del mondo, sanno che ciò che fa oggi il nostro popolo è una prodezza. E tale prodezza è grazie al socialismo, tale prodezza è grazie all’unità del nostro popolo, tale prodezza è grazie allo spirito rivoluzionario del nostro popolo.

Ci possono essere delle grosse difficoltà davanti a noi, sì, ci possono essere, e molto grandi; l’ho già spiegato al raduno del 26 luglio a Camagüey, che cose possono capitare. Però non ci scoraggiamo, lavoriamo e lavoriamo con lo spirito di fare fronte a tutte le difficoltà, lavoriamo con lo spirito di costruire tutte quelle scuole, forse in cinque anni, per darvi un esempio, o massimo sei; ma se non possiamo farle in cinque anni, le faremo in dieci, ma le faremo.

Abbiamo piani di costruzione di alloggi ambiziosi, vogliamo arrivare ai 100.000 annui al più presto possibile. Se interrompessero i nostri sforzi, il nostro lavoro, se insorgessero grossi problemi e non potessimo arrivare ai 100.000, arriveremo a 80.000, a 70.000, a quello che sarà. Dobbiamo essere in grado di fare fronte alle difficoltà. Ma dobbiamo essere consapevoli, informati, attenti a tutto ciò che capita nel mondo. E dico: Poco importa ciò che succederà! continueremo lottando per il socialismo e per il comunismo; poco importa ciò che succederà nel mondo! Non penso che rimarremo soli; ma anche se fossimo soli, anche se fossimo gli ultimi, non ci scoraggeremo né un secondo, né un attimo. Questo non fa parte della nostra storia, questo non fa parte della nostra filosofia; questo non fa parte della filosofia di Camilo, quello non fa parte della filosofia di Che, quello non ha mai fatto parte della filosofia di tutti noi che abbiamo sbarcato dal "Granma". E siamo rimasti in quanti? Poco importa, ci siamo dati per vinti? Chi può dirci che siamo lontani dalle nostre mete, se alcuni anni fa eravamo ancora più lontani? E quando siamo rimasti soli nelle piantagioni di canna da zucchero, quando la nostra forza è stata dispersa, e quando ci raggruppammo un pugno, cosa ci ha scoraggiato? Niente! Sembrava assurda la nostra lotta, ma per noi non era per niente assurda; era razionale, si doveva continuare avanti, e abbiamo continuato fin qui, finora. Ed il popolo sa, soprattutto quelli che hanno più di 30 anni, ciò che successe durante la Crisi dei Missili, e sa che quello non ha fatto paura a nessuno. E quando puntavano contro il nostro paese chi sa quante armi nucleari, quello non scoraggiò nessuno; nessuno ha battuto ciglio di fronte a quei pericoli terribili.

Quanti problemi ha dovuto superare la Rivoluzione: il blocco imperialista da 30 anni fa, le minace, la persecuzione tutti i giorni ed eccoci qui, senza fare un passo indietro, senza esitare; è contrario alle nostre tradizioni e alla nostra filosofia scoraggiarci di fronte alle difficoltà. Che può capitare un blocco totale? Be’, è delle peggiori cose che potrebbero capitare, e mentalmente siamo preparati e, inoltre, siamo organizzati per resistere a tali circostanze, la peggiore di tutte, se è una guerra diretta.

Da molto tempo siamo preparati per farci fronte, e ci prepariamo sempre di più, adesso non siamo più un pugno, siamo milioni di uomini e donne in tutto il paese, organizzati e preparati per difenderci contro qualsiasi aggressione imperialista.

Non faremo cose perché gli imperialisti dicano che siamo comunisti buoni, socialisti buoni; non faremo nessuna concessione, l’imperialismo non deve nemmeno sognarci! E se vogliono continuare a considerarci dei demoni, che lo facciano, noi non crediamo ai lupi mascherati da nonnine.

Il nostro popolo deve riflettere a lungo su tutto ciò che leggerà e su tutto ciò che sta succedendo.

Non è facile fare un’analisi esaustiva, per filo e per segno, di tutti i problema perché i rapporti tra stati e nazioni sono molto delicati; dobbiamo essere saggi, pazienti. Non è necessario esporre le idee circostanziate su ciò che capita nel mondo perché possiate giudicare i fatti. Bisogna riflettere, sono tempi di riflessioni; ma ho fiducia nel popolo; nella sua capacità, nella sua intuizione, nel suo talento che non ci ha mai deluso.

In quei giorni di confusione, allorché volevano intimorire il mondo con il soprannome di comunista, oppure fare campagne contro quella cosa terribile che era il comunismo, gli abitanti di Camagüey non hanno esitato; nonostante la stampa borghese di quell’epoca incoraggiasse quel gruppo, non c’è stato un solo abitante di Camagüey che esitasse quella mattina quando siamo arrivati a Camagüey assieme a Camilo, e, come un solo uomo, l’intero popolo avanzò verso la caserma; questi sono tempi in cui è necessaria quella forte e combattiva unità, questi sono tempi in cui è necessaria quella meravigliosa intuizione di Camilo, questi sono tempi in cui è necessario quel coraggio di Camilo, quella ferma convinzione di Camilo.

Ricordo che dopo la sua morte dissi questa frase: "In seno al popolo ci sono parecchi Camilo." Camilo uscì dal popolo, lui ebbe la possibilità di potenziare e di sviluppare le sue straordinarie facoltà; e nel vedere i nostri giovani davanti al tornio, davanti al forno, oppure quando gli vedo al laboratorio lavorando per 10, 12, 13 e 14 ore, mi confermo sempre di più nella mia profonda convinzione che in seno al popolo ci sono parecchi Camilo.

E in questo momento, quando penso che nel nostro paese si lavora con entusiasmo, con fiducia, con sicurezza, senza paura a nessuno né a nulla, senza scoraggiarsi dalle difficoltà che potrebbero insorgere; quando so che il nostro popolo è in grado di fare fronte a qualsiasi cosa, quando so che il nostro popolo è in grado di raggiungere qualsiasi obiettivo, di raggiungere qualsiasi meta, di affrontare qualsiasi pericolo; quando so che il nostro popolo è in grado di difendere il socialismo, il comunismo e il marxismo-leninismo fino all’ultima goccia di sangue, dico con la stessa convinzione di quel anno: l’intero popolo cubano è oggi un Camilo!

La Patria o la Morte!

Vinceremo!

(OVAZIONE)

VERSIONI STENOGRAFICHE – CONSIGLIO DI STATO

VERSIONI STENOGRAFICHE – CONSIGLIO DI STATO