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Onore a quel che è sacro

La prima azione è stata offrire il fiore bianco e lungo che si chiama Cala, e si trova solo nella Sierra Maestra. Poi salutare, davanti alla Pietra che stupisce per la sua semplicità, pur custodendo la grandezza invincibile di Fidel.
 
Questo saluto fatto la mattina di giovedì 21 nel cimitero patrimoniale di Santa Ifigenia dal Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, è stato quello di un soldato davanti al suo Comandante in Capo.
 
Il caldissimo sole è passato in secondo piano di fronte all’ intensità del simbolismo, dell’emozione. Tutto ciò che è della terra ha ceduto di fronte alla storia che con il suo peso di secoli purifica tutto in questi istanti.
 
 Sì, si doveva pensare che tutta la gloria del mondo entra in un chicco di mais, come piaceva tanto ricordare a Fidel in un richiamo insondabile all’umiltà e alla dedizione.
 
Tutti coloro che hanno accompagnato il Capo di Stato, sono stati protagonisti di quel momento d’omaggio più personale al Gigante che ci ha insegnato e lottare e a vincere.  Sereni come fratelli e figli di una stessa famiglia, ognuno ha posto il suo fiore bianco davanti alla pietra.
 
A suo modo ognuno ha comunicato con il venerabile: questa cronista, di nuovo privilegiata dal suo lavoro, ha offerto il fiore, si è messa la mano sul petto e ha chiuso gli occhi mentre tentava di afferrare questo immateriale, intoccabile e sacro che chiamiamo Patria.
 
Sono seguiti gli omaggi, sempre con fiori bianchi, con alla testa il Presidente cubano, all’infinito Martí, al padre Carlos Manuel de Céspedes, e alla madre Mariana Grajales. Come guardiani delle nostre virtù si vedevano gli spazi dove riposano i resti dei cubani morti nel compimento delle missioni internazionaliste, e stampato in lettere per tutti i tempi, molto vicino alla sacra Pietra, il concetto di Rivoluzione che Fidel ci ha lasciato come legato nel 2000, che ricorda le chiavi di un comportamento esemplare e possibile.
 
L’evidenza che Cuba ha avuto uomini e donne immensi, in altri punti del cimitero ha lasciato chiaro il messaggio : si può combattere per i nostri simili,  sognare un mondo più giusto e umano, cambiare lo stato delle cose se è avverso, animarsi sempre a vincere in qualsiasi proposito, facendo suonare la campana dell’emancipazione per gli altri.
 
Il silenzio rotto solo dalla marcia delle giovani sentinelle durante il cambio della guardia davanti alle tombe e per gli accordi dell’elegia che accompagna ogni cerimonia del cambio della guardia, ha permesso di pensare a questa idea, mentre alcune palme reali obbligavano ad alzare bene la fronte.
 
Si deve continuare a lottare, andare avanti come ci hanno insegnato i nostri genitori, quelli che ci sono e quelli già sono poesia e mistero.
 
È un dovere inevitabile, un impegno che dà senso al respiro.

Fonte: 

Granma International

Data: 

25/06/2018